Il ministro dell’Economia resta ottimista e non si scompone per le stime del Pil nel secondo trimestre, più negative del previsto: dal preventivato -14,4% al -14,8%. La revisione, commenta Gualtieri, «è molto contenuta» e soprattutto «i dati sulle entrate tributarie si aggiungono ad altre evidenze che ci consentono di auspicare un forte rimbalzo del Pil nel terzo trimestre». L’auspicio il ministro lo aveva già anticipato qualche settimana fa. Ora lo ripete confortato dalle entrate fiscali, aumentate del 9% in agosto, ma anche dalla ripresa dei consumi che«si sono avvicinati ai livelli pre-crisi oltrepassandoli in alcune componenti in agosto» e dagli ordinativi delle imprese che, pur senza aver recuperato in pieno comunque risultano in salita.

OVVIO CHE L’OPPOSIZIONE veda la realtà con lenti di colore opposto, ma gli stessi sindacati manifestano preoccupazione ben maggiore di quella che trapela dall’ottimismo un po’ d’ordinanza del Mef. La caduta vertiginosa del Pil, commenta la vicesegretaria della Cgil Fracassi, «era inevitabile». A renderla «davvero preoccupante», oltre al calo dei consumi, è «la riduzione degli investimenti fissi». Proprio «la mancanza di investimenti e di aspettative positive» è all’origine della contrazione «della capacità produttiva, dei redditi e dell’occupazione». È un’analisi non troppo distante da quella messa la settimana scorsa nero su bianco dal presidente di Confindustria Bonomi. Le ricette di viale dell’Astronomia e della Cgil sono però opposte. Per il sindacato la via d’uscita è infatti una drastica revisione del modello di sviluppo, attraverso «un nuovo e forte ruolo economico dello Stato». Proprio il fatto che le parti sociali condividano in buona parte la diagnosi ma sostengano poi cure opposte e inconciliabili rende l’idea delle difficoltà che Gualtieri e il governo dovranno affrontare nei prossimi mesi.

Auspici a parte, il ministro non si nasconde del resto la difficoltà della situazione. Ammette che i prossimi mesi saranno «molto impegnativi». Per quanto portentoso possa rivelarsi il rimbalzo, infatti, l’obiettivo fissato dal governo nel Def dello scorso aprile, quello di chiudere in conti a -8%, appare fuori portata. Le stime del secondo trimestre lo fissano al -17,8%. Con il crollo del turismo, che vale il 13% del Pil, e la ripresa industriale che c’è ma segna il passo, anche se tutto andasse per il meglio l’anno si chiuderebbe probabilmente intorno al-12% del Pil, non troppo lontano dunque da quel -12,8% previsto alla fine di giugno dal Fmi.

SONO QUESTE CIFRE a dettare la tabella di marcia del governo. La legge di bilancio che il ministro ha in mente prevede 25 miliardi di spesa non in deficit con all’interno l’avvio di una riforma strutturale come quella del fisco ma senza investimenti di sorta. Aspettare l’arrivo del Recovery Fund, che con ogni probabilità non entrerà nelle casse dell’Italia prima della seconda metà del 2021, significherebbe però esporsi alla minaccia di trovarsi troppo in ritardo per recuperare. La soluzione ipotizzata dal Mef è ottenere già all’inizio del 2021 l’anticipo del 10% sul Recovery: 20 miliardi da investire subito. E’ un’opzione che però implica una tabella di marcia molto rapida e cancella il ricorso al rinvio al quale si affida d’abitudine palazzo Chigi. Bisogna infatti presentare già per il 15 ottobre, insieme alla Nadef, il piano di investimenti dettagliato che comporrà il Recovery Plan italiano, in modo che la commissione Ue possa vagliarlo nell’arco di due mesi prima di passare la palla al Consiglio europeo, che rappresenta il vero scoglio essendo espressione degli Stati membri e che a propria volta avrà un mese a disposizione per promuovere o bocciare. A quel punto si potrebbe partire con gli investimenti alla fine di gennaio.

SULLA CARTA È UNA TABELLA di marcia praticabile. Nel concreto dipenderà da quella coesione effettiva nella maggioranza della quale sin qui non si è vista neppure l’ombra. La distanza strategica tra Confindustria e sindacati si riflette negli schieramenti interni al governo e alla maggioranza. Prima di inviare il piano italiano a Bruxelles bisogna sciogliere il nodo del Mes. Oggi dovrebbe arrivare nell’aula del senato il dl Semplificazioni, e si tratterà di un primo test importante per verificare lo stato della maggioranza. Il percorso di Gualtieri non è un miraggio. Ma non è neppure una strada in discesa.