Studenti a vita. Ecco cosa sono i ricercatori precari: dottorandi, assegnisti di ricerca, equilibristi delle borse di studio. Firmano un contratto con le loro università, in tutto simile alla “collaborazione coordinata e continuativa” tanto cara al governo che dice di avere abolito la precarietà. E invece ha abolito le “collaborazioni a progetto” ed è tornato ai vecchi cococò. Straordinaria operazione di innovazione.

Questi ricercatori precari, figli di un dio minore che non lavora come salariato né fa il docente, versano i loro contributi alla gestione separata dell’Inps. Quella a cui sono iscritte le partite Iva e i parasubordinati che versano i contributi, rispettivamente il 27% e il 30% del loro reddito. Ma come questi ultimi, e diversamente dagli altri cococò iscritti ad altre gestioni previdenziali, non avranno un sussidio di disoccupazione. Sempre che poi questa Dis-Coll approvata dal Jobs Act e rifinanziata con la legge di stabilità sia effettivamente raggiungibile, e non un sogno schermato dietro condizioni impossibili. In ogni caso, oggi come sempre, chi fa ricerca lo fa per sport. Come un hobby. Mica sul serio.

E’ questo fatale pregiudizio, radicatissimo tanto nel legislatore italiano, quanto nel retroterra oscuro dell’accademia italiana, ad avere spinto la commissione Bilancio della Camera a bocciare la possibilità di estendere la DIS-COLL agli assegnisti di ricerca senza nemmeno esaminare l’ipotesi di ricomprendere dottorandi e borsisti e limitandosi a prorogare l’istituto per il 2016.

Per fare ricerca, te lo devi permettere. La disoccupazione è un bel mestiere. Se lo pagano i signori. Questa è la verità classista imposta dopo anni di tagli, e di fughe dall’università: i docenti sono scesi a meno di 52mila (-17%) dal 2008 a oggi. L’introduzione del vin­colo di coper­tura con borsa di dottorato di almeno il 75% dei posti a bando, adot­tato dalle “Linee Guida” su indi­ca­zione dell’Anvur, ha gene­rato una gra­vis­sima emor­ra­gia di posizioni di ricerca. Tra il 2013 e il 2014 si è pas­sati da 12.338 a 9.189 posti, con una dimi­nu­zione del 25,5%. Gli ate­nei hanno ridotto le posi­zioni, invece di aumen­tare le borse di dottorato. Ciò ha pro­vo­cato la cre­scita dei dot­to­rati senza borsa: 2.049 su 9.189 per il XXX ciclo. Intendiamoci: chi non ha un dottorato senza borsa non avrà comunque un sussidio di disoccupazione. Doppiamente penalizzati: per fare ricerca, questi precari invisibili devono pagare.

“Questo passaggio parlamentare è tanto più grave perché nasce dalla negazione della dignità stessa del lavoro di migliaia di giovani ricercatori: assegnisti, dottorandi e borsisti di ricerca, secondo le note parole pronunciate dal ministro Poletti in un’interrogazione parlamentare, non si configurerebbero come lavoratori” sostengono FLC CGIL e i dottorandi dell’Adi.

Le organizzazioni ricordano anche che un emendamento di segno diverso è stato approvato il 26 novembre dalla Commissione Lavoro. Ora invece è stato bocciato. Anche se, si spera, potrebbe essere ripescato nel Milleproroghe.

Se il Pd e il suo governo sono caotici, indecisi su tutto, qualcosa di peggio emerge dalle parti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero dell’Istruzione e dell’Università. Per Flc Cgil e Adi sono “completamente disinteressati alle sorti di decine di migliaia di giovani ricercatori”. E si capisce: sono “studenti” o tutt’al più “precari”. Di certo non “professori”.

L’invito è agli assegnisti, dottorandi e borsisti il cui contratto è arrivato a scadenza senza essere rinnovato nel corso del 2015: fare domanda per la disoccupazione. Quando sarà respinta dall’INPS, continuare con il ricorso amministrativo. Ancora una volta si finisce in tribunale per garantire un diritto a qualcuno che non è considerato un soggetto di diritto: un lavoratore, con il contratto. Anche se poi questo contratto lo ha firmato sul serio. Bestialità ordinarie nel paese dove la “precarietà” sarebbe stata sconfitta dal Jobs Act.

Ma visto che i giudici non possono sostituirsi ai diritti che non ci sono, occorre fare qualcosa in più. Ad esempio mobilitarsi. FLC CGIL, ADI, LINK, CRNSU e Rete29Aprile ci proveranno venerdì 18 dicembre in piazza Montecitorio a Roma dov’è stato organizzato un presidio. Sono invitati tutti i ricercatori che non sono considerati lavoratori. Questo è il paesedelle favole. Si chiamano Jobs Act.