E Scelba sia. Il Pd gioca la carta della mozione parlamentare, chiedendo con la firma di tutti i suoi deputati che «il governo adotti i provvedimenti di sua competenza per procedere allo scioglimento di Forza Nuova». Il governo non avrebbe bisogno dell’invito del parlamento, la mossa di Letta non è tecnica ma politica. Il segretario ha deciso di non mollare la presa dopo l’ondata di solidarietà alla Cigl assediata dai fascisti, anche per mettere in difficoltà Meloni e Salvini. Alla mozione Pd si aggiungono subito le firme dei 5 Stelle e di Leu e Letta fa un pubblico appello: «Non vogliamo che sia un atto di parte, dev’essere condiviso da tutto il parlamento».

Così non è. Berlusconi si era spinto avanti, con una forte solidarietà alla Cgil e la telefonata a Landini. Ma Salvini e Meloni hanno troppo a lungo soffiato sulla piazza di Roma e lì dentro raccolgono troppi consensi per consentirsi uno smarcamento. Il Cavaliere viene richiamato all’interno di una dichiarazione comune nella quale si condannano le violenze «di ogni colore». Forza Italia fa sapere che la linea è stata decisa anche «per le necessità di una posizione comune in vista dei prossimi appuntamenti parlamentari e dei ballottaggi». Ed è la linea benaltrista di Salvini e Meloni che si afferma. Quella della «matrice» ignota. «Il centrodestra – recita il testo – è pronto a votare una mozione per chiedere interventi contro tutte le realtà eversive, non solo quelle evidenziate dalla sinistra». Evidenziata dalle telecamere, e persino dalle rivendicazioni, si potrebbe corregere. Ma il punto è che la mozione del Pd non avrà i voti di mezza maggioranza e di tutto il centrodestra. Non solo non parteciperanno, ma già attaccano la manifestazione antifascista di sabato prossimo «nel giorno del silenzio elettorale».

«I partiti non si sciolgono per decreto o per la proposta di un parlamentare», conclude la nota di Salvini, Meloni e Berlusconi. E così Pd e 5 Stelle dovranno andare avanti da soli. Chiedendo al governo una soluzione, quella dello scioglimento per decreto, che non ha precedenti. La legge Scelba, quella che i comunisti sono stati sempre molto prudenti nell’invocare, è scattata già altre volte. Ma i tre precedenti (Ordine nuovo, Avanguardia nazionale e Fronte nazionale) hanno fatto tutti seguito a una condanna penale. Quello che adesso si invoca è invece il secondo comma dell’articolo 3 della legge Scelba, che prevede lo scioglimento per decreto nei casi straordinari di necessità e urgenza. Il governo – ha promesso Draghi a Landini dopo una visita con tanto di abbracci alla direzione della Cgil – valuterà anche questa possibilità. Tenendo presente che nel 2021 lo scioglimento non avrebbe l’efficacia che la legge Scelba immaginava nel 1952. L’organizzazione di questi (e di altri) gruppi passa da tempo per la rete assai più che per le sedi fisiche.

Quella che non cambia è l’attitudine al vittimismo dell’estrema destra. Meloni sfugge subito dall’angolo nel quale Letta immaginava di stringerla, e approfitta di un’uscita forte del vice segretario dei dem Provenzano per strillare che «il Pd vuole sciogliere Fratelli d’Italia». Provenzano non l’aveva proposto, del resto sono passati solo pochi giorni da quando Letta sedeva accanto a Meloni a ragionare in pubblico di Quirinale. Ma su twitter aveva scritto che, scegliendo gli spagnoli di Vox nel giorno in cui avrebbe dovuto condannare i neofascisti assalitori della Cgil, la leader di Fd’i «perpetua l’ambiguità che la pone fuori dal campo democratico e repubblicano». Per Meloni dovrebbero intervenire addirittura Draghi e Mattarella per «prendere le distanze» dal vice segretario Pd. Letta, evidentemente seccato di doversi difendere quando aveva in animo di attaccare, spiega che «Provenzano ha spiegato le sue parole». E lo ha fatto chiarendo che «nessuno si sogna di dire che Fd’I vada sciolta».

Forza nuova sì, andrebbe sciolta. Anche se nel testo della mozione Pd la parola «decreto legge» non compare. La soluzione proposta, quella di chiedere al governo «i provvedimenti di sua competenza», comprende anche l’ipotesi che l’esecutivo decida di aspettare una sentenza della magistratura prima di procedere. Ma a Draghi non serve la mozione parlamentare, che spacca la sua maggioranza e per questo non sarà discussa troppo presto. Potrebbe agire subito, volendo