«Con la Lega è un’esperienza politica per me chiusa, una stagione che non si può più riaprire». Per tutto il giorno l’annuncio del presidente dimissionario Conte con cui mette una pietra tombale sul «forno leghista» dei 5 stelle viene ventilato, sussurrato, invocato. Arriva alle sei del pomeriggio, a margine del G7 di Biarritz. A Roma, in un appartamento del centro storico a due passi da via Giulia, a quell’ora si è appena chiusa la war room del Pd. A casa del senatore Zanda si è riunito lo stato maggiore dem in attesa di una mossa concreta da parte dei 5 stelle. Ormai non si sa più a chi credere: nel “movimento” per tutto il giorno si è combattuta una guerra per bande fra i più vicini alla Casaleggio quindi proLega e la maggioranza dei gruppi parlamentari proPd.

Una dichiarazione di Roberto Fico fa sperare: «Io premier? Non lo so. Amo il mio ruolo, mi piacerebbe mantenerlo». Quindi, ragionano i dem, il presidente della camera, il nome più «potabile» per il Pd, non esclude l’upgrade a Palazzo Chigi? A quell’ora circola anche un’altra voce di provenienza grillina: Conte commissario europeo e Cantone premier. Un’altra soluzione potabile per il Pd. «Discontinuità», la parola che Zingaretti ha ripetuto in mattinata da Amatrice, significa tutto tranne Conte e Di Maio.

A CASA ZANDA si spera e si fa un punto: presenti Gentiloni, Franceschini, Minniti, De Micheli, Orlando, Martina, Fassino, Cuperlo: «I 5 stelle pagherebbero l’accordo con noi, certo, ma anche il ritorno fra le braccia di Salvini. E il voto non possono permetterselo», è uno dei fili del confronto. Il Pd aspetta la chiusura del forno leghista. Che dunque alla fine arriva. È un passo avanti importante.

Conte sembra però offrirsi per un bis, inaccettabile per il Pd. Ma gli azzeccagarbugli di rito fiorentino puntualizzano che in virtù del cambio di maggioranza il ritorno a Palazzo del sedicente avvocato del popolo non sarebbe un «Conte bis» ma un «Conte due». Viene citato un precedente degasperiano ma il confronto con le contorsioni grilline è un sacrilegio. Le parole di Conte vengono comunque apprezzate. Con sfumature diverse. Matteo Renzi per esempio segue il filo della «sua» trattativa: «Salvini è in un angolo, quasi ko. Mi auguro che adesso prevalga la responsabilità». Parla alla suocera Di Maio perché la nuora Zingaretti intenda: per il senatore di Scandicci il segretario Pd dovrebbe abbassare le pretese e portare a casa l’accordo senza mettere condizioni.
Ma dal Nazareno filtra fermezza e cautela. Anche perché l’impuntatura di Di Maio sul premier uscente in realtà nasconde la propria ambizione per quel ruolo.

PER TUTTO IL GIORNO dal M5s sono arrivati segnali diversi e opposti. Il vicesegretario Andrea Orlando cerca di riportare razionalità nella ridda delle ricostruzioni su una trattativa iniziata venerdì pomeriggio al tavolo di Montecitorio e già finita in stallo all’aperitivo fra Zingaretti e Di Maio: «L’altro ieri (giovedì, all’uscita dall’incontro con Mattarella, ndr) c’erano i 10 punti tassativi. Ieri alle 14 il taglio dei parlamentari. Alle 21 Conte o morte (questione non posta alle 14)», twitta, «Così è molto complicato. Un confronto serio, ordinato e senza furbizie è l’unica via per dare un governo al Paese».

Al Nazareno per tutto il giorno si lavora «come se» la trattativa debba partire lunedì. Nel pomeriggio un comunicato annuncia formalmente che si è tenuta una riunione «in preparazione dei tavoli di lavoro» che saranno riuniti oggi. Il Pd vuole far sapere che fa sul serio: c’è la vice segretaria De Micheli, il coordinatore Martella, il responsabile economico Misiani, i membri della segreteria Sereni, Provenzano e Amendola, il capo staff Miccoli. Viene diffusa la foto dei tavoli sistemati al terzo piano nella sala della direzione. Come dire: noi l’accordo di programma lo stiamo preparando per davvero. E per portare il compito ben fatto a Mattarella, domani le delegazioni dei due partiti dovrebbero vedersi e armonizzare i cinque punti Pd con i dieci 5 stelle. Poi martedì, in vista della nuova consultazione al Colle, i dem riuniranno la direzione. I 5 stelle invece attiveranno i click sulla piattaforma Rousseau, e alla fine sarà l’occhiuta Casaleggio associati a vagliare il voto degli iscritti. Sempre che la trattativa parta davvero.