Se c’è un paese che davvero non ha fatto i conti col passato, questo è la Liberia. Per le atrocità dei due conflitti civili avvenuti tra il 1989 e il 2003 e circa 200mila vittime, la giustizia dello stato africano non ha mai condannato nessuno. L’ex presidente liberiano e signore della guerra Charles Taylor sta scontando 50 anni di carcere per crimini di guerra, ma solo per quelli commessi in Sierra Leone, dopo la condanna della corte speciale istituita d’intesa con le Nazioni unite per quest’altro paese.

A NULLA SONO VALSE le raccomandazioni della Commissione per la verità e la riconciliazione della Liberia (Trc), che nel suo rapporto finale del 2009 ha indicato i nomi di coloro da perseguire in un tribunale da crearsi ad hoc. Basti pensare che tra i candidati delle scorse elezioni presidenziali c’era anche il senatore Prince Johnson, che in un noto video del 1990 fu ripreso a bere birra mentre i suoi uomini tagliavano le orecchie all’allora presidente Samuel Doe, prima di ucciderlo. E Johnson è solo uno dei tanti ex combattenti che ricopre ruoli di governo. Altri si sono riciclati come pastori di chiesa.

È IN QUESTO CONTESTO che ora il paese guarda con speranza a una nuova esperienza di giustizia transnazionale. Da domani 22 febbraio, nella capitale Monrovia si svolge una parte del processo a Gibril Massaquoi, 51enne sierraleonese imputato in Finlandia per crimini di guerra commessi in Liberia. Qui, infatti, il procedimento è celebrato dalle autorità di Helsinki con giurisdizione interamente finlandese ed è iniziato lo scorso 1 febbraio a Tampere, in Finlandia, dove Massaquoi viveva dal 2008.

In deroga ai principi di territorialità e di nazionalità dell’imputato e delle vittime, la Finlandia esercita la giurisdizione universale, che consente di giudicare uno straniero per crimini contro l’umanità commessi all’estero. La corte finlandese rimarrà fino a maggio in Liberia e passerà anche due settimane in Sierra Leone per ascoltare oltre 50 tra testimoni e vittime.

«Questo processo significa che fare giustizia in Liberia è possibile – ha dichiarato l’ex reporter di guerra, già membro della Commissione per la verità e la riconciliazione (Trc) Massa Washington -. Si è sempre detto che è impossibile istituire una corte nazionale per i crimini di guerra per motivi di sicurezza, problemi logistici e mancanza di fondi. Ma il caso Massaquoi è un test per capire cosa si può fare ed è un momento importante per la società civile liberiana».

NEI GIORNI SCORSI I GIUDICI finlandesi si sono recati nei luoghi incriminati, soprattutto nella contea di Lofa, nel nord-ovest. Qui Massaquoi, allora comandante del Fronte rivoluzionario unito, secondo le 3600 pagine del dossier di imputazione avrebbe commesso e ordinato stupri di massa e omicidi. In un caso, nel villaggio di Kamatahun Hassala, dozzine di civili sarebbero stati rinchiusi in una casa poi data alla fiamme.

Ad oggi l’unica persona condannata, nel 2009, per torture nel conflitto armato liberiano è Chucky Taylor, figlio dell’ex presidente Taylor. Di nazionalità statunitense, fu processato dalla giustizia americana interamente a Miami. La Liberia si limitò ad agevolare le indagini.

«NEL 2006 A MONROVIA fu aperto un procedimento contro un uomo per crimini commessi nel 2003, durante la fine del conflitto, ma poi fu rilasciato per mancanza di prove – spiega Tiawan S. Gongloe, presidente dell’associazione nazionale degli avvocati liberiani ed ex procuratore generale -. Oggi la gente non ha timore di parlare. Anche alla radio si discute sempre di come perseguire i colpevoli della guerre». Nel merito, però, nessun testimone si è ancora trovato di fronte alla giustizia liberiana.

Secondo Kelsey Gutrhie-Jones, legale dell’ong svizzera Civitas Maxima, nonostante sia più facile e sicuro svolgere le udienze in Finlandia, «la corte ha scelto di trasferirsi sul campo per calarsi nel contesto del paese, affrontando la sfida della protezione dei testimoni, scortandoli e garantendone l’anonimato». È stata proprio Civitas Maxima, nel 2018, a dare informazioni sulle responsabilità di Massaquoi alle autorità finlandesi, che poi lo hanno indagato.

Poiché la Liberia non ha mai fatto passo concreti per realizzare il suo tribunale per i crimini di guerra, secondo alcuni osservatori il rischio di instabilità per il paese e di ritorsioni contro testimoni non è ancora quantificabile e non può essere un disincentivo alla sua istituzione. Invece «proprio la mancanza di giustizia è la vera minaccia per la sicurezza e la stabilità», spiega Aaron Weah, ex ricercatore per la Trc. «La corte finlandese in transito a Monrovia – aggiunge – crea un precedente e darà ai cittadini più prospettive di porre fine all’impunità di quante ce ne fossero dieci anni fa».

MASSAQUOI ATTENDE il suo verdetto per settembre ed è rimasto a Tampere mentre il suo difensore è a Monrovia. «Siamo contenti che finalmente giustizia sarà servita – afferma Mariamu B. Fofana, parlamentare per la contea di Lofa -. È importante soprattutto per le nostre donne che hanno subito violenze carnali durante il conflitto». In Francia, Svizzera e Belgio sono in corso altri procedimenti per crimini di guerra a carico di liberiani. Chissà che il «modello finlandese» non faccia da esempio.