Nessun commento ufficiale, evidentemente, prima del voto tedesco, da parte dei partner della Ue o delle istituzioni europee. Ma in tutte le capitali e a Bruxelles, il risultato delle elezioni nella prima economia europea è atteso con grande interesse e qualche apprensione. «Non sono inquieto sull’orientamento europeo del prossimo governo tedesco – rassicura il sottosegretario francese agli Affari europei, Clément Beaune – il bilancio europeo di Angela Merkel impegna i suoi successori, ci sarà l’ombra di Merkel» sul nuovo governo, l’eredità soprattutto del piano di rilancio di 750 miliardi in via di esecuzione, con il debito solidale dei 27.

Ma resta l’apprensione per il futuro: i paesi del sud vorrebbero una riforma dei criteri di Maastricht, sospesi fino al 2023 a causa del Covid. Benché tutti i partiti che hanno vocazione a far parte di una prossima coalizione siano europeisti, a gradi diversi – l’estrema destra dell’Afd è fuori gioco – ci sono grandi differenze di approccio. L’eventualità della partecipazione dei liberali di Christian Lindner, che potrebbe pretendere alla carica di ministro delle Finanze, preoccupa per una minaccia di ritorno all’austerità, anche per timore dell’inflazione, un fattore estremamente importante nella storia tedesca.

Per il momento, però, la prima preoccupazione, soprattutto in Francia, è legata a un fattore temporale: quanto tempo ci vorrà per avere un nuovo governo tedesco? Nel 2017, ci sono voluti più di 5 mesi per negoziare un accordo di governo tra Cdu e Spd. Emmanuel Macron, nel 2017, aveva sbagliato i tempi per il discorso della Sorbona, che nelle intenzioni avrebbe dovuto dare uno scossone alla Ue e rilanciare l’unione. Era stato fatto a ridosso del voto tedesco e nell’immediato era caduto nel vuoto.

La Francia avrà la presidenza a rotazione del Consiglio europeo dal 1° gennaio e Macron ha l’intenzione di utilizzare questo pulpito per la campagna (eventuale, per il momento non è ancora candidato) delle presidenziali. Parigi avrà al massimo tre mesi per far avanzare i dossier che ritiene importanti, perché ad aprile c’è il voto delle presidenziali e quindi avrà fretta di far fruttare una presidenza dimezzata, che rischia di non poter contare sulla sponda tedesca. Macron ha ricevuto all’Eliseo nelle settimane scorse i due leader che hanno maggiori possibilità di succedere a Merkel, il socialdemocratico Olaf Scholz e Armin Laschet della Cdu. Scholz, che è una vecchia conoscenza, ha rassicurato: «È nostro dovere vegliare che la Ue progredisca». Annalena Baerbock non è venuta all’Eliseo. «In Germania – spiega Sébastien Maillard, direttore dell’Istituto Jacques Delors – solo i Verdi incarnano una vera alternanza».

Il clima è un tema ormai centrale nella Ue, con il Green Deal in corso: Spd e Grünen sono d’accordo sull’impegno per arrivare alla neutralità Co2 nel 2050. Ma il rischio, a cominciare dal clima, viene sottolineato tra i partner europei, è che dal voto tedesco esca una coalizione a tre (Spd, Cdu, Fdp) che renda la Germania, per motivi di equilibri interni, poco audace.
Anche sulla questione della difesa europea, dell’“autonomia” cara alla Francia, del rapporto con la Nato, molto dipenderà dal risultato del voto tedesco, con tutte le prudenze del caso, perché anche la Cdu va avanti con i piedi di piombo. I paesi dell’est già rimpiangono Merkel, che era nata nella Repubblica democratica tedesca.

Conseguenze anche alla testa delle istituzioni europee. Alla presidenza della Commissione c’è la tedesca, Cdu, Ursula von der Leyen. Se l’Spd Scholz sarà cancelliere rischia di non avere un secondo mandato. Inoltre, un cancelliere Spd potrebbe spingere il gruppo Ppe a utilizzare il parlamento europeo come una tribuna anti-Berlino.