Che si proponga di andare al più presto a un confronto per cominciare a discutere come deve «ripartire l’Italia» a me sembra francamente più che ragionevole. (E anche che si convochino le parti sociali, così emerge subito quanto fasulla è la formula dei «governi di unità nazionale»). Trovo anzi che si sia già in ritardo. E però tutti hanno protestato scandalizzati quando Conte ha proposto una data così ravvicinata.

In un certo senso hanno ragione anche loro: improvvisa è apparsa infatti la convocazione di una riunione degli Stati Generali perché, sebbene il riavvio dell’economia sia la centrale, ancorché irrisolta, questione, appare evidente che nessuno ci ha davvero seriamente riflettuto. Nonostante il tempo ci fosse, visto che pensare all’avvenire ci è apparso indispensabile fin da quando è cominciata l’epidemia.

Nel ritardo generale emerge una sola consistente eccezione: il signor Bonomi, presidente della Confindustria, che le idee, da subito, lui le ha avute chiarissime: bisogna «sbloccare». Sbloccare tutto. E cioè – si diceva nella prima Repubblica – liberare l’economia da «lacci e lacciuoli», vale a dire da tutte le (ahimè pochissime) regole intese a ottenere investimenti nei settori essenziali per tutti i cittadini, anziché in quelli che danno il profitto (privato) più alto e più in fretta.

Del resto se ci fosse stata davvero voglia di discutere il da fare nel momento del riavvio, avremmo dovuto, innanzitutto, essere edotti su quanto propone il signor Colao e la sua commissione, ufficialmente incaricati di presentare il progetto che dovrebbe costituire il punto di rifermento per il confronto. Avevo scritto cinque minuti fa che, invece, da tempo, di lui e dei suoi esperti, non abbiamo saputo più niente.

Mi sbagliavo: Colao ha presentato un piano in dieci punti che ci indica la via.

E quindi a questo punto è vero che per gli stati generali giovedì, ma anche quello della settimana prossima, è troppo presto: bisognerà ben dare, non dico alle famose parti sociali, ma almeno a Conte e ai suo ministri il tempo per analizzarlo. O ognuno procede per conto suo?

IN REALTÀ CREDO che qualche pensierino sul da farsi sia stato nel frattempo messo a punto anche da altri interlocutori. Tenuti nascosti, tuttavia, visto che di pensieri non ne ho avvistati da nessuna parte.

Forse nel timore che, se esplicitati, portino alla scoperta una realtà sconcertante: che il governo Conte è riuscito, e a me pare neppure tanto male, a far fronte alla fase 1 – quella della resistenza al C19 – perché la sua eterogenea maggioranza su questo ha tenuto.

Ma ora che si arriva alla sostanza, si spacca. Rotture fra partiti, ma anche dentro ai partiti stessi: 5 stelle, Pd, e forse persino Art.1. (Salda come una roccia, forse solo non sulla scuola, Sinistra Italiana! Purtroppo la più piccola).

Le cose stanno così perché se ti chiedi – come si usava fare un tempo – quale base sociale rappresenti questo governo, rispondere sarebbe arduo. Perché la maggioranza che lo sostiene è palesemente attraversata da profonde contraddizione di classe, che continuano ad esistere sebbene la loro espressione partitica sia oramai così confusa.

Compiere delle scelte nel riavviare l’economia italiana non dovrebbe essere in realtà così difficile, perché la Commissione europea, alla cui giurisdizione continuiamo ad appartenere, questa volta, in termini di regole, è stata chiarissima e brava. Il considerevole numero di miliardi allocati per far fronte alla crisi prodotta da virus Corona è stato stabilito venga speso dai paesi beneficiari esclusivamente per cominciare a riparare il guasto ambientale e sanitario. Ormai terrificante, date un’occhiata alle cifre, ma anche alle immagini dell’ultima alluvione, quella di ieri, in Lombardia e in Liguria.

LA DISCUSSIONE su come spenderli dovrebbe risultarne assai semplificata. Purtroppo non è così, perché, tanto per fare un esempio, la Confindustria sembra non abbia ricevuto l’informazione. («La von der Layen chi?», direbbe Renzi). Così come, del resto, non poche delle altre parti sociali.

Salvo la Cgil che, come ci si accorge dai discorsi di Landini, sembra avere preso sul serio la questione ambientale. Che impone una modifica profonda del nostro modello, tanto più se si pensa alla trasformazione del mercato del lavoro che si rende necessaria. E molto pericolosa per chi rischia di perdere il lavoro attuale e di non trovarne in altri settori visto che a sviluppare quelli nessuno – né l’iniziativa privata, né – come dovrebbe essere – lo stato, si è impegnato.

Insomma: il governo Conte è arrivato alla prova della verità. Così come i partiti che lo sorreggono, confusamente identificabili quando si parla di «parti sociali».

Finalmente sapremo chi è di destra e chi di sinistra. Aspetto con ansia (e persino con curiosità).

Quel che è certo è che c’è molto spazio per la lotta, di tanti movimenti che debbono imparare a rendere politici i propri obiettivi; e per la Sinistra di ogni razza che basterebbe ricordasse come si fa a lottare.