Ieri, venerdì 30 agosto, il governo indiano ha reimposto in ampie aree della valle del Kashmir le restrizioni alla libertà di movimento e assembramento in vigore da quasi un mese e solo parzialmente sollevate qualche giorno fa.

Durante il giorno di preghiera per la regione a maggioranza musulmana, le strade della capitale Srinagar sono rimaste deserte, salvo numerosi posti di blocco della polizia locale e dell’esercito.

LE FORZE DI SICUREZZA indiane hanno anche proibito l’organizzazione di preghiere collettive nelle maggiori moschee di Srinagar, compresa la centrale Jama Masjid, luogo simbolo della resistenza kashmira a quella che in molti considerano un’occupazione militare da parte di New Delhi. Questo ciò che emerge dalle poche corrispondenze pubblicate sui media internazionali e su una manciata di testate indipendenti indiane, aggirando il blocco delle reti telefoniche fisse e mobili che non più di una settimana fa l’amministrazione locale kashmira aveva promesso di sollevare gradualmente.

PROMESSA NON MANTENUTA, spiegano alcuni funzionari a India Today, per «evitare incidenti e problemi di ordine pubblico». Nonostante, sottolineano, la situazione sia «sotto controllo».

Sempre nella giornata di ieri, l’emittente britannica Bbc ha pubblicato un breve videoreportage esclusivo girato in Kashmir. Nel video l’inviato di Bbc Sameer Hashmi incontra diversi giovani kashmiri che, a volto oscurato e protetti dall’anonimato, raccontano di aver subìto torture fisiche da parte degli uomini dell’esercito indiano che a decine di migliaia presidiano l’intera valle del Kashmir. Le presunte vittime mostrano alle telecamere enormi lividi violacei sulle gambe e sulla schiena, mentre uno di loro racconta: «Ci picchiavano in ogni parte del corpo. Ci prendevano a calci, ci prendevano a bastonate, ci davano elettroshock, ci colpivano con dei cavi. Ci colpivano dietro alle gambe. Quando svenivamo, ci davano un elettroshock per farci riprendere coscienza. Quando ci prendevano a bastonate e noi urlavamo, ci riempivano la bocca di fango». Secondo un’altra testimonianza anonima raccolta da Bbc, gli uomini in divisa andavano casa per casa per prelevare ragazzi sospettati di aver lanciato sassi contro le forze dell’ordine, o per avere informazioni in merito.

IN RISPOSTA ALLE ACCUSE trasmesse da Bbc, il portavoce dell’esercito indiano colonnello Aman Anand ha dichiarato che i soldati indiani «non hanno malmenato alcun civile. Nessuna accusa di questo tipo è stata portata alla nostra attenzione. Queste accuse sono probabilmente motivate da elementi nemici».

Numerosi gruppi per la difesa dei diritti umani da almeno tre decenni accusano l’esercito indiano di sistematica violazione dei diritti umani in Kashmir. Protetti dalla Afsp – una legge speciale ad hoc in vigore dal 1990 che, tra le altre, garantisce immunità legale al personale militare sul campo – i soldati indiani nella valle sono stati accusati di tortura, omicidio, sparizioni forzate, uccisioni di massa e stupro. Grazie ad AFSPA, tali accuse non hanno mai raggiunto la soglia dei tribunali indiani.

LO SCORSO 5 AGOSTO l’esecutivo guidato dal primo ministro Narendra Modi ha revocato l’autonomia del Jammu e Kashmir, dividendolo in due «union territories» di fatto amministrati direttamente dal governo centrale indiano. Una decisione unilaterale che vìola accordi internazionali sanciti tra India, Pakistan e Cina sul Kashmir, fino a questo momento ufficialmente considerato «territorio conteso» dai tre stati asiatici. Salvo improbabili improbabili colpi di scena, il nuovo assetto entrerà in vigore il prossimo 31 ottobre