Tra Pd e Cinque Stelle è stata raggiunta ieri l’intesa su un emendamento al decreto «salva imprese» che riguarda i riders. Ai ciclofattorini che lavorano in maniera continuativa per le piattaforme digitali saranno riconosciute le tutele del lavoro subordinato. A coloro che lavorano in maniera occasionale sarà invece assicurato un pacchetto minimo di diritti inderogabili: dal divieto di cottimo alla paga minima oraria collegata ai contratti nazionali di riferimento, salute e sicurezza, tutele previdenziali a cui può affiancarsi una regolamentazione specifica tramite la stipula di contratti collettivi. La norma prevede la modifica dell’articolo 2 del decreto legislativo 81, noto come «Jobs Act». Ciò permetterebbe di riconoscere ai rider le tutele del lavoro subordinato «a meno che non ci sia un accordo collettivo che estende le loro tutele in altro modo, tenendo conto delle specificità del settore ma solo con l’accordo dei lavoratori» ha sostenuto Tommaso Nannicini (Pd) componente della Commissione Lavoro. «La modifica non vale solo per il rider e per il lavoro digitale, ma per tutto lavoro etero-organizzato – ha commentato il giurista Federico Martelloni (Coalizione civica Bologna) – Può valere per gli insegnanti di alcune scuole private fino ai collaboratori delle agenzie ippiche. È un argine all’uso del lavoro autonomo continuativo come sostituto commerciale del lavoro dipendente».

«Il principale obiettivo è stimolare, anche in tale settore, la contrattazione collettiva che avrà il compito di regolare in concreto la figura dei rider» ha commentato la ministra del lavoro Nunzia Catalfo. Per raggiungere questo obiettivo l’emendamento riconosce alle piattaforme, ai sindacati e ai lavoratori autorganizzati dodici mesi di tempo per trovare un accordo. In caso contrario scatterebbe il lavoro subordinato. Un periodo di tempo che lascia perplessi perché il problema del cottimo resterà. E se non ci sarà, nel frattempo, un accordo tra le parti, sarà un giudice a decidere caso per caso. «Si può ragionare su un tempo più circoscritto – sostiene Martelloni – Anche se una volta approvato il decreto il lavoratore può contrattare o andare da un giudice. Difficile che gli darà torto». E tuttavia c’è anche un altro rischio: «Temo che la reazione delle piattaforme potrebbe essere anche quella di far lavorare tutti come occasionali» ipotizza Martelloni. «È un avanzamento. Resta aperto il tema della riconduzione dei rider ai contratti nazionali, a partire da quello della logistica» sostiene Tania Scacchetti (Cgil).

L’emendamento può autorizzare l’applicazione del lavoro subordinato, ma non definisce quello dei riders come un rapporto di lavoro subordinato. «Il testo non interviene sulla qualifica del rapporto di lavoro e non è particolarmente innovativo – ha commentato la Riders Union Bologna – Da un lato, riconosce la carta dei diritti di Bologna che garantisce ai rider i diritti minimi; dall’altro lato, resta da capire come potrà fare accettare queste condizioni alle aziende». Sebbene esista una sentenza della Corte di cassazione sul riconoscimento delle associazioni informali nella stipula dei contratti di lavoro nazionali, le associazioni protagoniste della lotta dei diritti dei riders rischierebbero di essere escluse dalla contrattazione tra sindacati e imprese.