A 24 ore dalla quasi unanime ratifica su Rousseau, il contratto di governo tra M5S e Lega già pone controversie interpretative e suscita divergenze. Se ne accorge Luigi Di Maio. A Ivrea, dove il 10 giugno si voterà per le comunali, cerca di dissolvere i dubbi che circondano la formula trovata per affrontare il tema del Tav. «È un’opera inutile – dice Di Maio – Andremo a a parlare con la Francia e diremo che la Torino-Lione oggi non serve più».

Le dure critiche piovute dai No Tav sul M5S di governo allarmano non poco i grillini. Se appare poco netta la soluzione trovata per la Val di Susa, ancora più delusi sono i comitati che si battono contro gli altri tratti dell’Alta velocità. Le contestazioni della base hanno indotto la deputata veneta Francesca Businarolo a posizionare la sede legale del suo ufficio in una casa che si trova sul tracciato della linea Brescia-Verona, dunque sotto esproprio. Proprio a Verona, città di Businarolo, ieri grillini e leghisti si sono trovati fianco a fianco al mercato di fronte allo stadio Bentegodi. Ognuno aveva i suoi volantini come nel resto del paese. E i 5S stanno affiancando il contratto al loro programma, rivendicando l’accettazione totale dei punti qualificanti. Non è proprio l’idea che ci si era fatti scorrendo il legnoso linguaggio del testo. Il che fa sospettare che di diversità di lettura del documento ce ne saranno altre.

Sul blog si taglia di netto la questione dell’Ilva di Taranto, che ha diviso le due delegazioni e che aveva condotto a una formula interlocutoria, con riferimento alla bonifica ma anche al mantenimento del livello occupazionale, alla riconversione e pure alla «promozione dello sviluppo industriale del Sud». Ora dal M5S, su pressione dai territori, affermano che nel contratto ci sarebbe scritto «chiaramente che si lavorerà per la chiusura dell’Ilva».

Il problema si annuncia ancora più complesso quando ci si accorge che le divergenti interpretazioni sono anche all’interno del M5S. A Ivrea, Di Maio ha detto che il programma fissato con la Lega prevede il «superamento della Buona scuola». Però il deputato Luigi Gallo, che di istruzione si è occupato per tutta la scorsa legislatura, ha spiegato a più riprese di essere deluso dal contratto. Paola Nugnes ha fatto capire di non aver votato a favore del contratto di governo nella consultazione online. La senatrice voterà la fiducia al governo giallo-verde per disciplina di gruppo. Ma intende stabilire volta per volta se esprimere il suo consenso. «Una volta eravamo pochissimi, appestati e soli, ma poi si sa i carri del vincitori sono festeggiatissimi», dice Nugnes. E poi ricorda: «Beppe Grillo diceva: valuteremo proposta per proposta, provvedimento per provvedimento, emendamento per emendamento». Il suo proposito ha valore tutt’altro che testimoniale, perché a Palazzo Madama la maggioranza è risicata. Anche in questo caso, e su una questione di metodo, si nota una divaricazione con le valutazioni dei vertici grillini. Secondo Di Maio, il contratto per forza di cosa non poteva contenere dettagli e prevedere imprevisti. Per carenze e rifiniture il capo rimanda al gruppo ristretto (e opaco) del Comitato di conciliazione.

Tutt’altra idea sembrano avere i deputati e senatori a disagio, i quali al contrario confidano nel confronto in aula per sfuggire alla tenaglia dell’accordo. Per rafforzare la loro posizione si richiamano, e non pare affatto un caso, al discorso di insediamento di Roberto Fico sulla necessità di restituire centralità al parlamento.