Nonostante l’incontro tra il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e il suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu, ai margini di una conferenza in materia di economia in corso a Belgrado (bollato dai russi come «nulla di nuovo»), non sembra davvero vicina neppure la distensione tra Mosca e Ankara dopo l’abbattimento del bombardiere russo Sukhoi Su-24 al confine tra Turchia e Siria. Nonostante Mosca abbia imposto sanzioni economiche, pari a 5 miliardi di euro, con un decreto per la sicurezza nazionale e abbia bloccato il progetto Turkish Stream, le autorità turche hanno deciso di non imporre restrizioni reciproche ai viaggiatori russi. Da Baku in Azerbaijan, Davutoglu ha invitato Mosca alla «cooperazione economica» invece di imporre un embargo da cui, secondo lui, «nessuno trarrebbe beneficio».

Mosca, insieme a Tehran, ha insistito sulle accuse alla famiglia di Erdogan di fare affari con il petrolio dello Stato islamico. Il presidente russo Vladimir Putin, che è intervenuto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu in merito al conflitto in Siria, ha puntato tutto sull’impegno di Mosca contro Is. Secondo lui, l’aviazione russa nell’ultima settimana ha colpito oltre mille obiettivi dei jihadisti. Secondo altre fonti, le capacità logistiche di Is sono ancora intatte. Ma anche Parigi, Londra e Berlino vorrebbero intensificare il loro impegno in Siria. Il presidente francese, François Hollande, ha visitato la portaerei Charles De Gaulle e i soldati francesi impegnati nei raid in Siria e Libia.

Primi attacchi anti-Is in Libia sono stati effettuati da Parigi il 20 e 21 novembre scorsi su Sirte e Tobruk, negli stessi giorni anche gli Stati uniti avevano attaccato Sirte. Questi eventi confermano, da una parte, i legami tra l’autoproclamatosi capo delle Forze armate, Khalifa Haftar, e i jihadisti di Is, e dall’altra che i bombardamenti su Raqqa stanno costringendo molti affiliati di Is a ripararsi in Libia. Non solo, sembra quasi di essere tornati indietro al marzo 2011 quando la Nato ha attaccato la Libia e l’Italia, subito pronta alla guerra, ha rincorso i primi cacciabombardieri di Sarkozy. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, sta puntando tutto sulla conferenza che si terrà a Roma il 13 dicembre per favorire il dialogo tra le due fazioni libiche di Tripoli e Tobruk che non hanno nessuna intenzione di passare dalle parole ai fatti formando un improbabile governo di unità nazionale. Per il quotidiano in arabo con sede a Londra, Sharq al-Awsat, Is a Sirte sarebbe pronto a pilotare «aerei con simulatori avanzati di volo». In realtà le capacità militari di Is in Libia sono state largamente sopravvalutate negli ultimi mesi.

Se anche il Bundenstag ha approvato l’impegno tedesco in Siria, i primi obiettivi dei jihadisti potrebbero essere gli inglesi che hanno avviato i loro bombardamenti anti-Is dalle basi a Cipro. Secondo informazioni dall’antiterrorismo in Europa, combattenti inglesi di Is avrebbero ricevuto l’ordine di rientrare a Londra. A riprova dell’alta allerta ci sarebbe l’arresto di Aine Lesley Davis, esponente di Is, arrestato a Istanbul nel giorno degli attacchi di Parigi e vicino al tagliagole Jihadi John, probabilmente ucciso nei recenti raid russi in Siria.

Dopo la vittoria elettorale del primo novembre scorso, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan vuole più poteri nelle sue mani. Nonostante la grave crisi con Mosca, il leader di Akp ha chiesto ieri che venga attuata la sua tanto auspicata estensione dei poteri presidenziali che ora ha i numeri in parlamento per approvare. Mentre per i movimenti kurdi, profughi e stampa di opposizione si apre il baratro della repressione. Dopo i giornalisti di Cumhuriyet, Dan Gundar e Erdem Gul, arrestati per la loro inchiesta sui legami tra Intelligence turca (Mit) e Stato islamico, ieri è stato il turco di Bulent Kenes, direttore del diffuso quotidiano in lingua inglese Today’s Zaman, che si è dimesso dal suo incarico a causa delle pressioni, esercitate dal governo con decine di procedimenti legali contro di lui. Kenes era finito in manette lo scorso 10 ottobre per «insulti» contro Erdogan.

Non si fermano neppure le violenze contro i kurdi. Ieri una giovane attivista del partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), Dilan Kortak, è stata uccisa a Istanbul durante un’operazione di polizia. Decine di attivisti socialisti sono stati tratti in arresto nelle ultime ore. Non si ferma neppure l’ondata di arresti di profughi siriani. I media turchi parlano di tre mila persone arrestate in sette giorni mentre tentavano di raggiungere l’isola di Lesbo in Grecia. La detenzione degli stranieri fa parte delle misure chieste dall’Unione europea ad Ankara che ha già ricevuto tre miliardi di euro e sta negoziando il suo accesso in Ue in cambio di una stretta sui profughi siriani che resteranno così bloccati in Turchia.