Disinnescare la mina Alitalia. Anche nel giorno della nomina dei commissari governativi per gestire l’amministrazione straordinaria della compagnia aerea, i segnali che arrivano dalla politica indicano con chiarezza che la strada intrapresa è molto più vicina a quella dell’Ilva di Taranto che a una (s)vendita fallimentare nel giro di pochi mesi. Una scelta obbligata, non soltanto per l’analisi costi-benefici, economici e soprattutto sociali, delle due opzioni. Anche nei sondaggi, nonostante la martellante campagna dell’ultima settimana contro lavoratori e sindacati, le responsabilità dell’ennesima crisi della compagnia sono state ascritte in primo luogo al management italo-arabo di Alitalia, e poi alla stessa politica. Un segnale che né il governo Gentiloni, né l’appena rieletto segretario piddino Renzi, possono permettersi di trascurare o minimizzare.
La scelta dell’esecutivo è stata quella di nominare commissari straordinari, insieme al già precedentemente cooptato Luigi Gubitosi (ex dg Rai), il commercialista Enrico Laghi, commissario straordinario dell’Ilva, ma anche nel board di Cai-Alitalia e sindaco per Unicredit. Infine c’è Stefano Paleari, ingegnere specializzato in economia gestionale, ex segretario e poi presidente della Crui, esperto del settore aereo, a cui toccherà con ogni probabilità la stesura di un nuovo, effettivo piano industriale per l’ex compagnia di bandiera.
Al tempo stesso il governo ha deciso, in un consiglio dei ministri dedicato al caso Alitalia, di stanziare un “prestito-ponte” di 600 milioni per l’amministrazione straordinaria della compagnia. Ad annunciarlo il ministro Calenda, che per cercare di equilibrare l’esborso pubblico non ha mancato di fare la voce grossa: “Il mandato ai commissari è chiaro: in breve tempo devono aprire alle manifestazioni di interesse dei potenziali acquirenti, per avere da un lato servizi, rotte e personale in un regime il più possibile di garanzia, e dall’altro far spendere il meno possibile di soldi pubblici”.
Dal canto suo Paolo Gentiloni ha bilanciato le rassicurazioni (“E’ un atto di responsabilità nei confronti dei cittadini, per garantire servizi essenziali”) al pugno duro: “Escludo la ri-nazionalizzazione della compagnia”. Parole obbligate. Ma in mattinata Dorina Bianchi, sottosegretaria al turismo, aveva già radiografato compiutamente la situazione, raccogliendo anche la moral suasion di Confindustria: “Il prosieguo dei voli di Alitalia è importante per il turismo. I trasporti, in particolare quelli aerei, sono fondamentali per incrementare i flussi nel nostro paese. L’Italia ha bisogno di un vettore forte e identificativo che abbia qui suo hub, esattamente come è stata finora l’azienda”. Parole non equivocabili.
Chi invece poteva evitare un’ultima figuraccia, dopo il disastro gestionale degli ultimi anni e il non-piano industriale bocciato dai lavoratori ma anche (vedi sondaggi) dagli italiani, ha continuato a far finta di avere le mani pulite: “L’assemblea degli azionisti di Alitalia – nota ufficiale della compagnia – riunitasi oggi, ha preso atto, con grande rammarico, dell’esito del referendum tra i propri dipendenti, che ha di fatto precluso
l’attuazione del rilancio e della ristrutturazione della società”. Parole che hanno provocato la reazione di Stefano Fassina: “Il comunicato dell’assemblea dei soci di Alitalia trasuda ipocrisia e incapacità di assumersi le responsabilità dei pessimi risultati raggiunti. Non una parola sugli errori commessi. Non una parola sul comportamento predatorio di Etihad, avallato dagli azionisti italiani e dal governo È l’ennesimo insulto alla dignità di lavoratrici e lavoratori”.
Dal parlamentare di Sinistra italiana era arrivato anche un monito: “Sarebbe inaccettabile che, in questo quadro, venissero nominati come commissari figure anche solo indirettamente compromesse con una delle peggiori stagioni della storia di Alitalia”. Invece riecco Enrico Laghi, a dimostrazione della inossidabilità del potere in Italia. Ma Graziano Delrio rassicura, o almeno cerca di farlo: “Il governo continuerà a lavorare, per trovare soci capaci di investire e sanare le debolezze storiche di Alitalia, che non dipendono dalle low cost”.