Giovanni Succi a due anni da Con ghiaccio – l’ottimo esordio da solista – ritorna passando dai drink alla Carne cruda a colazione. Vige ancora la scrittura ribelle ma meno ironica e più cupa, d’altronde l’artista è questo, con l’album che risulta più diversificato nei suoni, con arie pop ‘80 che possono diventare finanche insopportabili se non fossero egregiamente dosate. Un album in cui sembra di poter osservare Succi mentre si guarda attorno disgustato e, consapevole di non poter cambiare un bel niente di ciò che lo circonda, prendere appunti per la ballata I melliflui. Senza artifici dimostra di essere, attraverso il suo set, un originale artigiano del cantautorato. Si inizia con Povero zio; parente scomodo che dispensa ogni sorta di parere evocando i commentatori seriali dei social. In Algoritmo cita sommamente i Kraftwerk malgrado il testo annunci gli scoraggianti pareri del fruitore della musica liquida. Si alternano poi brani sentimentali come Cabrio (piano e archi) o La risposta. Si chiude con Balene per me, in cui l’orizzonte narrato richiama Remo del primo album. Consigliato, specialmente live.