Alle 15,40 suonano le prime sveglie e piazza del Pantheon si riempie di squilli. E’ il segnale atteso dalle migliaia di persone che l’affollano: «Sveglia, sveglia», urlano uomini e donne con le facce colorate. Sono giovani e anziani, molti hanno la faccia colorata. Volano palloncini, sventolano le bandiere viola delle Famiglie Arcobaleno ma anche quelle dell’Arcigay, dell’Agedo (l’associazione dei genitori di figli omosessuali) e quelle bianche e gialle dei cattolici di Nuova Proposta. Ce n’è anche qualcuna, coloratissima, con al centro una stella di David in rappresentanza della comunità ebraica capitolina. «Diritti, diritti» è il grido liberatorio che unisce tutti. E’ rivolto principalmente alla politica, che il 28 gennaio comincerà finalmente a discutere al senato il ddl Cirinnà sulle unioni civili, ma più in generale alla società.
Eccole le famiglie fantasma, quelle composte da due mamme o due papa con i loro bambini. Quelle che una parte (ma solo una parte) del mondo cattolico e la politica più cieca ai cambiamenti non vogliono riconoscere e che invece ci sono, ridono, piangono, portano i figli a scuola e fanno la spesa come tutti. E come tutti si moltiplicano. Non solo perché ogni anno sono sempre di più – ormai se ne contano diverse migliaia – ma anche perché generano, mettono al mondo figli. Piazza del Pantheon ne è piena. Bambini uguali a tutti gli altri ma con meno diritti degli altri.
Per difendere queste nuove famiglie e il ddl Cirinnà che finalmente potrebbe dare loro un primo riconoscimento ieri si sono riempite le piazze di 100 città italiane, più altre sette all’estero tra le quali Londra, Berlino, Bruxelles e New York. All’invito #Svegliatitalia lanciato dalle associazioni lgbt si sono uniti partiti, sindacati, imprese, scout e femministe insieme a tanti cittadini. «Una giornata storica, siamo un milione», azzardano alla fine gli organizzatori. A Roma, al Pantheon, le sveglie suonano tre volte mentre dal palco si alternano gli oratori. In piazza si vedono Vladimir Luxuria, il cantante Scialpi con il marito, il candidato sindaco della capitale Stefano Fassina. E poi il presidente del Pd Matteo Orfini, il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova e il senatore dem Luigi Manconi. Nel 1995 fu lui a presentare il primo disegno di legge sulle unioni civili. Da allora sono passati 21 anni.
Quando dal palco prende la parola la senatrice Monica Cirinnà, che ha dato il suo nome al ddl sulle unioni civili, la piazza l’accoglie con un boato. «Siamo qui per diritti, non contro qualcuno. Questa legge dimostrerà che quando il Pd è unito non c’è nessuno che lo blocca», dice. Magari fosse, ma non è così. E uno dei motivi all’origine delle manifestazioni di ieri sono proprio le divisioni interne al partito del premier, spaccato sulle questioni che più stanno a cuore alla piazza come la possibilità di adottare il figlio del partner e una maggiore equiparazione con i matrimoni. Punti contrastati duramente dall’ala cattolica del Pd – e sui quali da settimane si cerca disperatamente una mediazione – ma che invece sono importanti per chi manifesta.
Che non sono solo gay e lesbiche, ma anche tantissimi eterosessuali. Perché «ci battiamo per i diritti di tutti», come spiega un cartello. Una battaglia difficile, spesso anche dolorosa per chi , come Alessandra, ha scelto «di integrare la propria omosessualità con la propria fede». La sua e quella di Nuova Proposta, la comunità cattolica alla quale appartiene, è una sfida quotidiana non priva di travagli interiori. «Vorremmo una chiesa che non escludesse le persone in base alle loro scelte sessuali», spiega. «Noi cerchiamo il dialogo, ma non è facile anche se siamo parte attiva della chiesa. Siamo catechisti e inseriti nei movimenti, ma molti lo fanno di nascosto, senza parlare della propria omosessualità».
Chi non dovrebbe fare le cose di nascosto e invece si nasconde dietro un voto segreto sono i senatori chiamati a votare l’articolo 5 del ddl Cirinnà sulla stepchild adoption. Matteo Renzi ha lasciato libertà di coscienza, ma i manifestanti chiedono invece che chi è contrario a che le persone omosessuali possano adottare il figlio del partner abbia il coraggio di uscire allo scoperto. «Metteteci la faccia», è la richiesta che arriva dalle piazze. «C’è un mondo intero che ci sprona a infrangere le barriere che precludono a tanti e a tante la legittima e sacrosanta aspirazione alla felicità», spiega il segretario dell’Arcigay Gabriele Piazzoni. E a sera ai manifestanti arriva anche il sostegno di Krzysztof Charamsa. «Mi identifico con in vostri profondi desideri umani», fa sapere dalla Spagna l’ex monsignore autore di un coming out alla vigilia del Sinodo, quando presentò il suo compagno. «Oggi siete nelle piazze per svegliare le menti e i cuori degli italiani».