L’Islanda è stato il primo paese europeo ad aver introdotto l’applicazione per cellulari per il monitoraggio del Covid-19, scaricata da circa il 40% della popolazione. Quando, il 15 giugno scorso, si sono riaperte le frontiere il Governo ha imposto che a tutti i passeggeri in arrivo venisse fatto il tampone.

Uno dei pochi paesi al mondo ad aver applicato questa regola che raccomandava, fino all’esito del test (entro le 12 ore successive), la quarantena volontaria o in albergo o presso un’abitazione privata. Da domani però le norme diverranno più stringenti: tutti i passeggeri, al di fuori dei bambini nati nel 2005 e successivamente, saranno controllati due volte all’arrivo in Islanda.

Il primo tampone (a pagamento, 55-70 euro) avverrà alla frontiera, dopodiché i passeggeri in arrivo verranno messi in quarantena per 5-6 giorni fino ad ottenere un risultato dal secondo test che verrà eseguito gratuitamente. Già a fine luglio era stato imposto il doppio tampone per chi era in visita (uno all’arrivo e uno dopo 4- 6 giorni) ma senza l’obbligo della quarantena. La Premier eco progressista Katrín Jakobsdóttir ha dichiarato, in un’apposita conferenza stampa venerdì scorso, che «questa decisione è presa alla luce di come il virus si è sviluppato in tutto il mondo e all’interno del nostro paese: le infezioni sono di nuovo in crescita». In totale dall’inizio dell’epidemia sono decedute 10 persone, 2014 sono risultate infette, 100 mila quelle testate all’arrivo nell’isola e 23 mila i cittadini finiti in quarantena. Attualmente vi sono 110 persone in isolamento, 528 in quarantena e una persona ricoverata.

I nuovi casi hanno avuto una parabola ascendente nelle ultime settimane (dopo che da aprile i contagi erano quasi azzerati): dalle poche unità di luglio ai 7- 10 nuovi casi giornalieri di agosto che sono quelli che hanno determinato le nuove misure. La Ministra della Salute Svandís Svavarsdóttir sempre nella conferenza stampa di venerdì ha chiarito che: «scienza e ricerca non hanno mai la risposta finale e bisogna avere flessibilità come governo e come comunità per seguire le nuove indicazioni per tutelare la salute di tutti. La società non è solo il bilancio dello Stato o l’economia».

Ma è proprio la situazione economica quella che preoccupa di più alcuni settori dell’industria islandese. Secondo Jóhannes Þór Skúlason, direttore esecutivo dell’Islandic Tourist Board «l’industria del turismo (30% del Pil dell’isola) viene consapevolmente sacrificata arrivando al punto di mettere in quarantena tutti». Jóhannes prevede che nel prossimo futuro possano rimanere disoccupate da due a tremila persone (su un totale di 360 mila abitanti).

Con un’articolata nota il ministero delle finanze ha però sostenuto che il costo sociale di una ripresa della diffusione del virus avrebbe un impatto economico maggiore rispetto a quello derivato dal turismo aggiungendo che nel secondo trimestre del 2020 il Pil islandese è diminuito del 4% a fronte di un meno 10-20% di altri paesi europei e che tutti i lavoratori che perderanno il posto riceveranno il sussidio di disoccupazione.