«Andremo avanti il più velocemente possibile», dice il senatore del Pd Dario Parrini, l’esperto del partito di leggi elettorali. Ma «il percorso parlamentare riguarderà almeno tutto il 2020», chiarisce alla Stampa il ministro 5 Stelle per i rapporti con il parlamento Federico D’Incà. Scansato il pericolo di un referendum elettorale che sarebbe andato in direzione opposta, la maggioranza può tornare al lavoro sulla legge proporzionale che mette d’accordo quasi tutti tra i giallo-rossi. Sapendo però che un nuovo sistema di voto, approvato e pronto all’utilizzo, darebbe una pericolosa spinta verso le elezioni anticipate. Quindi «velocemente» ma non troppo.

La decisione della Corte costituzionale di non ammettere il referendum leghista allontana per il momento le urne, che altrimenti sarebbero state una forte tentazione per i partiti di governo che avrebbero in quel modo evitato l’approdo a un sistema elettorale completamente maggioritario in grado di far trionfare Salvini. Per qualche mese c’è ancora la possibilità teorica di andare al voto anticipato per eleggere il parlamento con i numeri ante riforma costituzionale, dunque 945 parlamentari invece di 600. Ma questa possibilità può presto sparire e un’indicazione in questo senso dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. Perché l’ufficio centrale della Cassazione prevedibilmente in settimana ammetterà ufficialmente il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, senza aspettare che trascorrano tutti i trenta giorni che le sono assegnati come termine massimo. Del resto ci sono da controllare appena 71 firme di senatori depositate il 10 gennaio, sulla cui regolarità fa fede un verbale del senato. Nel 2001, unico precedente in cui il referendum costituzionale fu chiesto solo dai parlamentari (e non dai cittadini o dai consigli regionali), con un numero più elevato di firme ci vollero nove giorni. Questo significa che il governo e il presidente della Repubblica volendo accelerare i tempi potrebbero fissare la data del referendum anche a marzo. Chiudendo il percorso della riforma costituzionale e portando il taglio dei parlamentari definitivamente in Gazzetta ufficiale. In questo modo, in caso di crisi dietro l’angolo, per esempio dopo il voto regionale in Emilia Romagna, Sergio Mattarella sarebbe tolto dall’imbarazzo di dover convocare le elezioni per un parlamento delle dimensioni attuali, sapendo che dopo poco tempo il referendum potrebbe ridurre i numeri e in qualche modo delegittimare le camere appena elette. Una soluzione del genere, cioè la promulgazione accelerata del taglio dei parlamentari, avrebbe l’effetto di blindare la legislatura.

Nel frattempo la camera lavorerebbe sulla nuova legge elettorale. La formula proporzionale con sbarramento nazionale al 5% ha messo d’accordo i 5 Stelle e il Pd che non intendono scendere da quella soglia, sta tenendo dentro i renziani e non ha visto alzare le barricate da parte di Leu, che pure è rimasta contraria. Una cautela giustificata non tanto dal diritto di tribuna, esiguo anche se tarato proprio sul 3% che la lista di sinistra ha preso alle ultime politiche (infatti le simulazioni che sono state fatte con i dati delle europee 2019 assegnano la tribuna di tre deputati e un senatore alla lista del 3%, in quel caso +Europa), ma per la speranza di abbassare la soglia di sbarramento. Almeno al 4%, non a caso la cifra che ieri il capogruppo dei deputati Pd Delrio ha dimenticato di citare quando ha detto che la soglia del 5% «non si deve abbassare, se diventa del 2 o del 3 per cento tanto vale non fare niente». Anche Renzi, non troppo gratificato dai sondaggi che lo tengono inchiodato al 4%, probabilmente ha questa riserva mentale mentre dà il via libera alla soglia del 5% con la tradizionale baldanza: «Già adesso i partiti e i movimenti dell’area riformista che ha uno sguardo meno a sinistra del Pd sono oltre il 10%». Esagera un po’: secondo la prima supermedia 2020 dei sondaggi (di Youtrend per Agi) Italia viva, Azione di Calenda e +Europa – «la federazione del buon senso» secondo Renzi citato da il Giornale – sommate assieme superano l’8%, ma si fermano lì.