Premier di Israele e, più di tutto, leader dei coloni. Naftali Bennett ieri è andato su tutte le furie perché il ministro della pubblica sicurezza Omer Bar-Lev lunedì si era permesso di criticare la violenza dei coloni in Cisgiordania e di assicurare al sottosegretario di Stato Usa per gli affari politici, Victoria Nuland, che Israele prenderà provvedimenti per contenere il «fenomeno». Israele, ha proclamato Bar-Lev, «combatterà il terrorismo palestinese come se non ci fosse la violenza dei coloni estremisti e la violenza dei coloni estremisti come se non ci fosse il terrorismo palestinese». Per Bennett invece le violenze dei coloni israeliani contro i palestinesi sono «insignificanti», malgrado il numero degli attacchi sia aumentato del 150% dal 2019 al 2021 e la denuncia di Peace Now che stima in oltre 500 i casi di violenza dei coloni all’anno. «I coloni ebrei (in Cisgiordania) hanno sofferto di violenza e terrorismo, ogni giorno, per decenni. Dobbiamo rafforzarli e sostenerli, con parole e azioni», ha detto il premier, un nazionalista religioso che da anni è un punto di riferimento del movimento dei coloni e un sostenitore accanito della costruzione ed espansione di insediamenti coloniali in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

Non solo Bennett, molti altri esponenti della destra laica e religiosa hanno espresso sdegno per le parole di Bar-Lev e invitato ad appoggiare con maggior determinazione il movimento dei coloni. Poche le voci a sostegno delle dichiarazioni di Bar-Lev. Eppure, proprio questi ultimi mesi hanno visto in Cisgiordania una recrudescenza delle aggressioni di coloni a danno di civili palestinesi. Le aree maggiormente interessate sono state quelle di Nablus ed Hebron: attacchi ai contadini durante la raccolta delle olive, raid nei villaggi palestinesi con danni a persone e proprietà e aggressioni ad attivisti israeliani. Diverse ong hanno documentato queste azioni e lo stesso ministro della difesa Gantz circa due mesi fa ha ordinato all’esercito di contenere queste violenze. Tuttavia, poco o nulla è cambiato sul terreno. Spesso, denunciano i palestinesi, i soldati restano a guardare e non muovono un passo per fermare i coloni.

La colonizzazione è un dogma per Naftali Bennett, nessuno può metterla in discussione. Anzi ha dato il suo consenso alla costruzione di migliaia di nuovi alloggi negli insediamenti in Cisgiordania. E si prepara a fare altrettanto nel Golan siriano, occupato da Israele nel 1967. A ottobre il premier ha preso parte a Hispin, una colonia abitata da religiosi, a una conferenza sullo sviluppo del Golan organizzata da Makor Rishon, giornale vicino al movimento degli insediamenti.  E in quella occasione ha affermato, tra gli applausi, che il Golan è strategico per Israele e che si impegnerà a raddoppiare il numero delle colonie al suo interno. Quindi ha assicurato che saranno costruiti due nuovi insediamenti e che farà il possibile per aumentare gli investimenti infrastrutturali nella zona. «Questo è l’impegno del governo che guido e lo rispetteremo. Quando scadrà il mandato di questo governo, voglio che guardiamo indietro e diciamo: fatto!», ha aggiunto Bennett secondo il portale Al Monitor.

L’ufficio del primo ministro, riferisce il quotidiano Haaretz, starebbe promuovendo la formazione di un comitato speciale per la pianificazione a cui conferire un’ampia autorità in modo da accelerare i piani di sviluppo e costruzione sul Golan e favorire a crescita del numero attuale (27mila) di coloni del 50% entro il 2025 e del 100% entro la fine del decennio. Piani che rappresentano una violazione delle convenzioni internazionali sui territori occupati militarmente ma che non suscitano reazioni contrarie nel centrosinistra israeliano che fa parte della coalizione guidata da Bennett. Il primo ministro infatti ha assicurato che sarà garantito lo sviluppo anche dei kibbutz.