È un momento difficile e inquietante. La rappresentazione salviniana del paese, invaso dai migranti, rischia di mettere radici. I dati dell’Istituto Cattaneo mostrano come l’immagine diffusa tra gli italiani in tema d’immigrazione sia tanto distorta quanto avvelenata.
L’afflusso è sovrastimato. Una maggioranza abbondante è convinta che i migranti sottraggano opportunità di lavoro. In un paese ampiamente secolarizzato si è creato persino un clima ostile alle minoranze religiose.

A dispetto di un’opposizione politica ectoplasmatica, gli atti di resistenza non mancano. La vicenda della nave Diciotti ha suscitato reazioni.  Le associazioni e la chiesa si sono schierate e a Catania si è svolta una manifestazione affollatissima. Che speriamo trovi seguito nella grande manifestazione nazionale proposta dal manifesto. Ma a ciò si contrappone l’inquietante ascolto che, stando ai sondaggi, ottengono i messaggi salviniani di «prima gli italiani», «non possiamo accoglierli tutti, abbiamo fatto già la nostra parte», «che l’Europa si svegli». Sono messaggi odiosi, ma semplici, per nulla assurdi e, ahinoi, piuttosto convincenti.

C’è poco da ragionare con Salvini e la sua claque razzista. I razzisti tra noi ci sono sempre stati e adesso si sentono unicamente legittimati a manifestarsi. E magari a perpetrare qualche atto di violenza. Sono gli eredi della vecchia Italia responsabile di terribili crimini razziali in Libia e Etiopia, che non era svanita nel nulla.
Preoccupano invece i segni d’incomprensione e insofferenza di chi mette le mani avanti, nega di essere razzista, ma apprezza l’attivismo di Salvini. Ilvo Diamanti ha segnalato che molto fedeli si stanno addirittura dissociando dal Papa.

DOVE STA IL PROBLEMA? In costoro, che danno retta a Salvini, o nell’incapacità persuasiva dei discorsi e nei gesti delle forze democratiche? I manifestanti di Catania erano giovani, istruiti e politicizzati in un certo modo. Non tutti gli italiani, legittimamente, lo sono. La sensibilità per le questioni pubbliche è variamente distribuita a seconda dei temi: si può contribuire alle collette di Telethon e essere insofferenti verso i migranti. Ciascuno in funzione delle sue esperienze personali.

NON C’È UN MODO SOLO per mostrarsi solidali e umani. Così come vi sono segmenti di pubblico che, alla luce di un rapporto più distaccato con la politica e i principi democratici, o di una condizione personale di disagio o scarsa competenza e informazione, sono più vulnerabili alle semplificazioni, o hanno un rapporto deferenziale nei confronti dei politici quali essi siano.
Come mai le medesime persone che ai funerali di Genova hanno applaudito Mattarella si sono assiepate attorno a Salvini e Di Maio?

CORRISPONDE A UN VANO pregiudizio elitista ritenere che vi siano due Italie, antropologicamente diverse, di cui una da ultimo convertita al razzismo e insensibile ai principi di tolleranza e rispetto dell’altro.

I partiti popolari di un tempo, i sindacati, erano ben consapevoli di quanto fosse eterogenea la loro audience e modulavano i loro messaggi in maniera assai articolata.
Provavano con successo a farsi capire da tutti. Qualcuno ha detto che la sinistra è antipatica.

LO ERA PER LA PRETESA di superiorità morale avanzata nel ventennio berlusconiano, infondata alla luce dei fatti.
Non meno antipatico – e controproducente – è l’atteggiamento di quanti ritengono che l’ignoranza delle ben più elevate percentuali di rifugiati accolti negli altri paesi d’Europa e l’egoismo verso i naufraghi delle Diciotti siano una prova d’inferiorità morale, politica, umana. Per i grandi numeri sono solo dimostrazioni di disorientamento e di paura.

SUPERANDO L’IRRITAZIONE, bisogna capire. Le migrazioni destabilizzano sempre e ovunque. Evocare il passato di migranti degli italiani non è argomento persuasivo. Furono accolti male, ma ricordarlo non rimuove la diffidenza.

Peraltro gli immigranti che a suo tempo affluivano in America non erano così diversi come lo sono quelli che traversano il mare.

Tanto per dire che, se si vuol contrastare con efficacia l’insofferenza verso l’immigrazione, va dato un senso a quest’ultima cambiando anzitutto linguaggio.

Scartando l’improvvisazione dell’accoglienza Renzi- Alfano, che ha abbandonato tanti migranti per strada o nelle stazioni, e le durezze di Minniti, aggravate da Salvini, che preferiscono consegnarli al mare, o ai briganti, occorre trovare le parole per spiegare agli italiani che i migranti non rubano lavoro a nessuno, non portano malattie, non sono terroristi.

Sono vittime: che resistono alla guerra, al cambiamento climatico, all’avidità delle multinazionali, e che possono costituire un’opportunità per il paese.
Decenni di malsane politiche neoliberali hanno devastato anche l’Italia. Disseminata di paesi, campagne, boschi in abbandono, di greti e fiumi inquinati, d’infrastrutture in disfacimento.
Dove migliaia di anziani e di malati hanno bisogno di aiuto. L’economia è da riconvertire, come sostiene Viale, al rispetto dell’ambiente.
Ebbene, è necessario spiegare agli italiani che anche noi siamo vittime, solo in misura minore, e che è ora di concludere un patto tra vittime e avviare senza paure un grande progetto politico: vi ospitiamo, rispettate le nostre regole e voi ci date una mano.

È FATUO, COME FA SAVIANO sulle pagine di Repubblica, esaltare la virtuosa esperienza di Riace provocando il ministro Salvini, che se ne infischia e rincara la dose. Riace ha valore se diventa progetto realistico, comprensibile al largo pubblico. La sfida c’è. E va raccolta, prima che la diffidenza si muti tutta in cattiveria.