Avanza il modello Blue Panorama per la nuova Alitalia. Nella lunga audizione di ieri in commissione Trasporti alla Camera per affrontare la conversione dell’ennesimo decreto Alitalia con altri 400 milioni di prestito, il neo commissario unico Giuseppe Leogrande ha annunciato la nomina di Giuseppe Zeni a direttore generale. Si ricompone dunque la coppia che ha risanato la piccola compagnia italiana low cost per poi cederla al gruppo turistico Uvet dopo tre, mantenendo i livelli occupazionali. Il tutto intraprendendo la strada della newco, una nuova società per uscire dall’amministrazione straordinaria che va avanti dal maggio 2017 e poter avere una proprietà pubblica per ristrutturare senza tagli ai 10.500 dipendenti o «spezzatini» per handling e manutenzione: nuova struttura e management per tornare in utile e appetibili sul mercato.

Il commissario Alitalia Giuseppe Leogrande

Tra le proteste dell’ex ministro Maurizio Lupi e le critiche di Italia Viva inviperiti per la nomina di Zevi e la possibile «nazionalizzazione», il commissario Leogrande ha tracciato con sincerità, conscio della rapporto 1:10 tra Blue Panorama e Alitalia, lo stato dell’arte e – soprattutto – le mancate prospettive di vendita dell’attuale Alitalia, raffreddate ulteriormente dalle parole di Lufthansa – «continuiamo a pensare solo ad una partnership commerciale», ha spiegato il responsabile per il gruppo tedesco del dossier Joerg Eberhart, confermando come «consiglio» la necessità di un «profondo risanamento» sebbene gli esuberi siano «l’extrema ratio» – che l’avevano preceduto. Con il crollo della cordata Fs-Delta-Atlantia («con cui il ministro Toninelli ha detto di non voler trattare»), alla scadenza del mandato del 31 maggio «si farà fatica a vendere Alitalia». Ecco dunque che sfumata la prospettiva principale di «perfezionare la cessione», rimane in piedi la secondaria: «conferimento di una newco» «mantenendo l’unitarietà dei complessi aziendali e implementandoli», «potendo uscire dall’amministrazione straordinaria con una capitalizzazione diversa e possibilità di operare».
La strada della newco è stata invece lodata da Stefano Fassina (Leu) che propone di «converire i crediti dello Stato verso Alitalia come nuovo capitale pubblico» e non scartata da Pd e M5s. Zeni risulta essere stato in contatto con Giulia Lupo, la senatrice M5s ex assistente di volo Alitalia.
L’avvocato Leogrande è un esperto di diritto fallimentare e non ha quindi competenze industriali. Toccherà quindi a Zeni preparare il nuovo piano industriale – con la prima spina dell’alleanza internazionale in scadenza: rimanere in SkyTeam con Delta o passare alla Star Alliance di Lufthansa – e presentarlo al ministro Toninelli. Sul suo compenso – «250mila euro lordi all’anno, lo stesso che percepisce ora come amministratore delegato» – è partita la fanfara dell’ex ministro Lupi – quello degli orologi regalati al figlio che lo fecero dimettere – presto stoppata da Leogrande: «In Alitalia al momento ci sono più persone con incarichi inferiori con compensi molto più alti».
Dopo Leogrande è toccato alla ministra dei Trasporti Paola De Micheli ammonire però: «La tempistica e la copertura finanziaria vanno rispettati». L’ultima parola spetta comunque a Patuanelli che ha la responsabilità del commissariamento e del decreto col prestito. È chiaro che la prospettiva della newco-nazionalizzazione non piace ai liberisti della maggioranza e toccherà a Conte fare l’ennesima sintesi.
Leogrande ha auspicato un «clima di collaborazione piena» da parte di tutti gli attori. Ma i sindacati sono molto preoccupati e ieri hanno rinnovato la richiesta di «un incontro urgente». «Vogliamo fare il punto della situazione e capire insieme dove sono gli sprechi che fanno bruciare cassa, appurato che “non è il costo del personale che determina le perdite”, come dichiarato dal ministro Patuanelli», concludono i sindacati.