Per il secondo giorno di fila manifestazioni si sono svolte a Tripoli e altre città della Tripolitania (ovest della Libia) per protestare contro il governo di Accordo nazionale (Gna) del premier al-Sarraj.

IL MOTIVO? IL PEGGIORAMENTO delle loro condizioni di vita, i frequenti tagli all’elettricità, le interruzioni alla fornitura di acqua e la crisi di liquidità bancaria. Si chiede anche il rilascio delle persone fermate domenica dalle milizie legate al Gna. Tra queste, la Brigata di orientamento islamista al-Nawasi, che ha effettuato un numero imprecisato di arresti .

Di fronte al malcontento popolare, Tripoli ha risposto con durezza: le milizie fedeli ad al-Sarraj non hanno esitato a sparare lacrimogeni e proiettili veri dimostrando per l’ennesima volta come non siano meno brutali dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Enl) del generale cirenaico Haftar contro cui sono in guerra da oltre un anno.

Una repressione dura che ha destato la preoccupazione anche della Missione dell’Onu in Libia (Unsmil) che ha chiesto l’apertura di un’indagine sull’utilizzo eccessivo della forza da parte del Gna. L’Unsmil ha anche esortato i leader libici a «mettere da parte le differenze e impegnarsi pienamente in un dialogo inclusivo come delineato dalle dichiarazioni della scorsa settimana di al-Sarraj e del presidente del parlamento di Tobruk Aguilah Saleh».

AL-SARRAJ ha però altri problemi da risolvere. Sono già lontane le luci della ribalta internazionale per il comunicato sul cessate il fuoco con il rivale Saleh di alcuni giorni fa: il premier tripolino deve infatti fronteggiare una grave crisi politica interna. In un discorso televisivo trasmesso la scorsa sera, ha provato a calmare le acque annunciando un rimpasto di governo facendo ricorso alla dichiarazione dello stato di emergenza e ai relativi poteri straordinari. Ha poi promesso che la selezione dei nuovi ministri sarà basata sulla «competenza, le capacità e incorruttibilità» e ha aperto a una riforma del Consiglio presidenziale qualora vi fosse un accordo con Tobruk. Dichiarazioni quest’ultime, che se implementate, di fatto alterano l’organo decisionale di Tripoli e che perciò non saranno piaciute a molti nella capitale. Innanzitutto al potente ministro dell’interno Fathi Bashaga con cui al-Sarraj è ai ferri corti da un po’ di tempo.

Non è chiaro poi cosa ne pensino i vicepresidenti Maiteq (imprenditore e uomo della città stato di Misurata) e Kajman della regione meridionale del Fezzan che potrebbero perdere non poco nel cambio della squadra governativa. «Potremmo adottare misure eccezionali», ha concluso al-Sarraj ribadendo la data delle elezioni a marzo 2021 e dicendosi pronto a farsi da parte dopo la tornata elettorale.
NON SI ARRESTANO intanto i contagi da Covid-19. Tre giorni fa registrato un nuovo picco: 572 casi positivi in sole 24 ore. Un triste record che non lascia presagire nulla di buono all’orizzonte in un Paese dilaniato dalla guerra e il cui sistema sanitario è al collasso.