Peppermint e l’odio

 

Il Presidente Donald Trump ha provato diverse volte a giustificare la necessità del suo famoso muro lungo il confine meridionale degli USA. In un tweet, ha citato un residente che ha trovato un tappeto per la preghiera, insinuando così che i musulmani arrivano illegalmente dal sud e che naturalmente tutti i musulmani sono terroristi. In un discorso nel giardino delle rose della Casa Bianca Trump ha detto che le donne vengono rapite, trasportate oltre il confine con la bocca tappata col nastro adesivo. Ha ripetuto questa storia una decina di volte. Il problema è che non è mai successo. Neanche la storia del tappeto per la preghiera. In realtà c’è poco o nessuna prova che supporti queste due affermazioni. Ma entrambe si trovano in Sicario 2: Soldado.

 

Sappiamo tutti che il Sogno Americano è incentrato sulla ricerca della felicità – ma per il cinema americano c’è stata un’altra ricerca: la ricerca di qualcuno da uccidere felicemente – un nemico disumano che non possiamo soltanto eliminare a ragione ma che “dobbiamo” uccidere.  E’ nostro dovere, il nostro destino. Gli Indiani per primi sono l’esempio perfetto. Sono pericolosi, sono diversi e si trovano proprio dove vogliamo andare a vivere noi. Poi facciamo fuori i gangster. Arriva la seconda guerra mondiale e abbiamo i nazisti da combattere e la necessità indiscutibile di eliminarli.

 

In tempi più recenti ci siamo rivolti al genere fantasy per quanto riguarda i nemici da combattere. In Walking Dead uccidiamo gli zombie perché non possiamo uccidere i poveri a cui assomigliano così tanto o gli orchi di Peter Jackson – anche se c’è una traccia di razzismo. Nel film di successo a sorpresa di Pierre Morel Io vi troverò Liam Neeson combatte un branco della Mafia albanese. La mafia russa o dell’Europa dell’est diventa un gruppo che si può uccidere tranquillamente. Sono bianchi – nessun razzismo – e non sono italiani – evitiamo i soliti stereotipi – ma sono stranieri. Possiamo goderci la vendetta giusta, la violenza estrema e anche votare per Obama senza farci tanti problemi.


Nell’epoca di Trump non ci sono più problemi. In Peppermint dello stesso Morel, Jennifer Garner è una mamma arrabbiata che dopo l’uccisione della sua famiglia da parte di una gang di spacciatori messicani, li uccide tutti e fa fuori anche alcuni membri del sistema giudiziario che non hanno fatto il loro dovere. L’ America è certamente quella di Trump. Da una parte c’è una donna bianca, dall’altro ci sono tutti questi tipi con i tatuaggi sulla faccia che parlano spagnolo. La donna, inoltre, si chiama North – cioè nord – nel caso non fosse già chiaro da che parte sono i buoni e da che parte stanno i cattivi. Nel sottofondo ci sono i senzatetto e le strade che sembrano uscite da un incubo di un film apocalittico degli anni 80. Una visione infernale in cui i borghesi si trovano appena poco più in alto dei poveri disperati e gli unici con i soldi sono le gang e i corrotti. Per quanto Hollywood ce l’abbia con Trump, il cinema e televisione ha fornito una versione talmente negativa dell’ oltre-confine, da Breaking Bad a Non e’ un paese per i vecchi a Narcos, da contribuire a più della metà del suo lavoro di propaganda. Peppermint è solo un altro esempio particolarmente lurido e schifoso, ma il danno è già stato fatto.