La gran cassa rigorista capitanata dall’ineffabile Boeri con l’aiuto «politico» della Ragioneria dello Stato, chiede a gran voce che non si rallenti l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni. Addirittura Boeri, esorbitando dalle sue funzioni istituzionali di presidente dell’Inps, fornisce dati «terroristici» parlando di un aggravio di 141 miliardi di euro, che non sta né in cielo né in terra.

La verità è che in Italia si va in pensione 3 anni dopo rispetto alla media europea. La spesa previdenziale italiana depurata di quella assistenziale è sotto la media europea, anche considerando i 57 miliardi di euro che i pensionati pagano ogni santo anno al Fisco. Inoltre i Trattamenti di fine rapporto (Tfr) che sono salario differito in Italia vengono inspiegabilmente conteggiati come spesa previdenziale. Siamo convintamente dalla parte delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil che stanno trattando con il governo il non aumento automatico dell’età pensionabile e spingeremo perché ciò sia previsto nella prossima legge di stabilità, con la corrispondente copertura finanziaria.

Lo pensiamo innanzitutto per una questione di equità nei confronti dei lavoratori che non ce la fanno più a lavorare sino a 66 anni e 7 mesi. La legge Fornero è una legge ingiusta e andrebbe rivista per la macelleria sociale che ha provocato gettando nella disperazione tanti lavoratori che da un giorno all’altro hanno visto svanire tutti i loro progetti di vita. Non si può continuare a sequestrare la vita delle persone.

E poi c’è una grande questione sociale: i giovani devono lavorare anche con le sostituzioni di chi va in pensione. Ormai nel pubblico impiego l’età media dei lavoratori è ben oltre i 50 anni. C’è bisogno di turn over, di nuove energie soprattutto in settori delicati come la sanità o l’edilizia. Per questo va rivisto l’automatismo dell’aumento dell’età pensionabile e in generale va cambiata la legge Fornero.

*Capogruppo Mdp commissione Bilancio della Camera dei Deputati