Nel giorno in cui Bankitalia e Corte dei conti – in audizione in parlamento – chiedevano di «non fare passi indietro» sulle pensioni era impossibile che dal governo potesse arrivare una proposta incisiva. E così è stato.
AL TAVOLO DI PALAZZO CHIGI, appendice non voluta alla trattativa con i sindacati chiusa con un quasi nulla di fatto prima della presentazione della manovra, il governo non ha perfino confermato le indiscrezioni della vigilia. L’estensione della platea a cui non si applicherà l’aumento di 5 mesi – a 67 anni – dal primo gennaio 2019 riguarderà solo il 10 per cento dei pensionandi, pari a circa 15-20mila persone – ma dati precisi al momento non esistono. Una vera miseria. Aggravata dal fatto che il blocco varrà solo per la pensione di vecchiaia e non per quella anticipate – le vecchie pensioni di anzianità per cui dunque serviranno 43 anni di contributi – e prevederà requisiti molto alti: 36 anni di contributi e 6 anni di mansioni pesanti negli ultimi sette, esattamente come per l’Ape social le cui domande sono state falcidiate da queste condizioni.
COME ANTICIPATO IERI alle 11 categorie dei lavori gravosi – operai dell’industria estrattiva e dell’edilizia; gruisti; conciatori; macchinisti; camionisti; infermieri con turni notturni; addetti all’assistenza di persone non autosufficienza; insegnanti di nidi e materne; facchini; addetti alle pulizie; operatori ecologici – si aggiungono operai siderurgici di seconda fusione, marittimi, pescatori e operai agricoli.
QUASI NIENTE INVECE è stato proposto per gli altri temi sollevati dai sindacati, primo fra tutti le pensioni dei giovani. Il solo contentino previsto è quello sui fondi pensionistici complementari con la promessa di un trattamento fiscale adeguato a quelli dei dipendenti pubblici. Mentre sul meccanismo dell’adeguamento automatico all’aspettativa di vita la proposta prevede «una commissione con Inps, Istat, Inail i ministeri della Salute, del Lavoro e dell’Economia e forse anche i sindacati, che lavori fino a giugno o anche settembre». In pratica: aria fritta. Qua perfino il presidente dell’Inps Tito Boeri – finora inflessibile con i diritti dei pensionandi – ha scavalcato il governo: «Bisognerebbe fare cambiamenti annuali e non triennali in modo che l’adeguamento sia graduale», ha detto.
LA REAZIONE DEI SINDACATI è stata negativa. Perfino la Cisl – unico sindacato pronto a sottoscrivere un accordo – si è detta «insoddisfatta». Più critiche Cgil e Uil che considerano «le distanze con le nostre richieste talmente alte da non rendere possibile nemmeno fare una controproposta». «Se queste restano le condizioni non ci consentiranno neppure di rilanciare al tavolo delle trattativa – spiega il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli – . Ci auguriamo che le cosi cambiano», commenta poco convinto che accada.
LA TRATTATIVA HA UNA SCADENZA imposta dallo stesso ministro Padoan: lunedì. Oltre non si può andare per poter inserire l’accordo come emendamento al decreto fiscale o alla legge di bilancio. Ma per i sindacati l’alternativa c’è. E – al momento – è molto più positiva della proposta governativa: si tratta dei tanti emendamenti delle forze politiche – Pd incluso – che chiedono di congelare l’innalzamento dell’età pensionabile fino al prossimo giugno, lasciando la patata bollente al prossimo governo. Una soluzione vista come fumo negli occhi da Padoan e Gentiloni visto che aprirebbe il fianco alle critiche della commissione Europea preoccupata che la riforma Fornero venga messa troppo in discussione.