Se la riforma delle pensioni Fornero è stata il provvedimento con cui lo Stato ha risparmiato più soldi – almeno 80 miliardi in 10 anni – per tenere a bada il debito pubblico come chiesto dalla Bce nel 2011, ognuno dei tantissimi provvedimenti presi da quel giorno per ridurre l’impatto sociale devastante ha una costante: i soldi investiti rimangono in gran parte inutilizzati. E’ stato così per ognuna delle otto salvaguardie per gli esodati, è così per l’Ape social di renziana memoria: ad un anno di distanza un vero flop. Secondo la Cgil, infatti, dei soldi stanziati nel 2017 per pensionare le categorie più in difficoltà – Ape social e lavoratori precoci – sono stati risparmiati 504 milioni.

“Un risparmio di risorse addirittura superiore a quanto il governo ha deciso di destinare complessivamente al capitolo previdenza nel prossimo triennio”, denuncia il segretario confederale Roberto Ghiselli. I 300 milioni sbandierati dal governo che in realtà sarebbero molti di meno: 61,8 milioni, sostiene sempre la Cgil. “Basta questo dato per confermare l’inconsistenza delle misure proposte al sindacato per la fase due del confronto sulle pensioni”, sottolinea Ghiselli.

La vera beffa però riguarda la possibilità che quei 504 milioni risparmiati vadano in fumo.

“Sulla base di quanto contenuto nell’emendamento alla legge di Bilancio sulle pensioni presentato dal governo – spiega Enzo Cigna, responsabile dell’ufficio previdenza pubblica della Cgil – le risorse risparmiate nel 2017 non verranno reimpiegate”.

Il vergognoso flop dell’Ape social sta poi tutto nei numeri diffusi dall’Inps. Superato il vero percorso ad ostacoli per presentare la domanda e forti dell’impresa di essere riusciti ad imporre all’Inps un “riesame” delle troppe domande respinte, i dati sono scioccanti. Al primo tentativo sono state accolte 15.493 domande per l’Ape sociale – pari al 39 per cento del totale – e 9.031 di lavoratori precoci pari al 34 per cento del totale – per un numero complessivo di 24.524 domande su 65.972 richieste complessivamente pervenute, pari al circa il 37 per cento totale. Il tutto rispetto alle 60mila ipotizzate e finanziate dal governo lo scorso anno.

Dopo le sollecitazioni dei sindacati sui paletti troppo stretti e un dossier dell’Inca Cgil sono state riconsiderate 6.384 domande di Ape sociale e 5.592 di lavoratori precoci, per un totale di 11.976. Al momento, secondo l’Inps sono state accolte altre 2.000 domande circa di Ape sociale e 1.780 di lavoratori precoci, per un totale di 3.780. “Su 11.976 domande riesaminate, 8.196 ancora attendono di sapere quale sarà l’esito alla loro richiesta, oltre il 68 per cento”, denuncia Morena Piccinini, presidente dell’Inca Cgil. “Un fallimento facilmente prevedibile che si sarebbe dovuto e potuto evitare dando certezza del diritto, a chi subisce sulla propria pelle le conseguenze della riforma Monti-Fornero”, conclude Piccinini. Anche ai pochi fortunati che si sono visti accettare la loro domanda, i primi assegni arriveranno solo a gennaio, quasi un anno dopo quanto promesso.

Se la riforma delle pensioni Fornero è stata il provvedimento con cui lo Stato ha risparmiato più soldi – almeno 80 miliardi in 10 anni – per tenere a bada il debito pubblico come chiesto dalla Bce nel 2011, ognuno dei tantissimi provvedimenti presi da quel giorno per ridurre l’impatto sociale devastante ha una costante: i soldi investiti rimangono in gran parte inutilizzati. E’ stato così per ognuna delle otto salvaguardie per gli esodati, è così per l’Ape social di renziana memoria: ad un anno di distanza un vero flop. Secondo la Cgil, infatti, dei soldi stanziati nel 2017 per pensionare le categorie più in difficoltà – Ape social e lavoratori precoci – sono stati risparmiati 504 milioni.

“Un risparmio di risorse addirittura superiore a quanto il governo ha deciso di destinare complessivamente al capitolo previdenza nel prossimo triennio”, denuncia il segretario confederale Roberto Ghiselli. I 300 milioni sbandierati dal governo che in realtà sarebbero molti di meno: 61,8 milioni, sostiene sempre la Cgil. “Basta questo dato per confermare l’inconsistenza delle misure proposte al sindacato per la fase due del confronto sulle pensioni”, sottolinea Ghiselli.

La vera beffa però riguarda la possibilità che quei 504 milioni risparmiati vadano in fumo.

“Sulla base di quanto contenuto nell’emendamento alla legge di Bilancio sulle pensioni presentato dal governo – spiega Enzo Cigna, responsabile dell’ufficio previdenza pubblica della Cgil – le risorse risparmiate nel 2017 non verranno reimpiegate”.

Il vergognoso flop dell’Ape social sta poi tutto nei numeri diffusi dall’Inps. Superato il vero percorso ad ostacoli per presentare la domanda e forti dell’impresa di essere riusciti ad imporre all’Inps un “riesame” delle troppe domande respinte, i dati sono scioccanti. Al primo tentativo sono state accolte 15.493 domande per l’Ape sociale – pari al 39 per cento del totale – e 9.031 di lavoratori precoci pari al 34 per cento del totale – per un numero complessivo di 24.524 domande su 65.972 richieste complessivamente pervenute, pari al circa il 37 per cento totale. Il tutto rispetto alle 60mila ipotizzate e finanziate dal governo lo scorso anno.

Dopo le sollecitazioni dei sindacati sui paletti troppo stretti e un dossier dell’Inca Cgil sono state riconsiderate 6.384 domande di Ape sociale e 5.592 di lavoratori precoci, per un totale di 11.976. Al momento, secondo l’Inps sono state accolte altre 2.000 domande circa di Ape sociale e 1.780 di lavoratori precoci, per un totale di 3.780. “Su 11.976 domande riesaminate, 8.196 ancora attendono di sapere quale sarà l’esito alla loro richiesta, oltre il 68 per cento”, denuncia Morena Piccinini, presidente dell’Inca Cgil. “Un fallimento facilmente prevedibile che si sarebbe dovuto e potuto evitare dando certezza del diritto, a chi subisce sulla propria pelle le conseguenze della riforma Monti-Fornero”, conclude Piccinini. Anche ai pochi fortunati che si sono visti accettare la loro domanda, i primi assegni arriveranno solo a gennaio, quasi un anno dopo quanto promesso.