Creare nuove mappe urbane insieme a chi proviene da lontano e vive in Italia, a partire dalle visioni di migranti, rifugiati politici, richiedenti asilo, cittadini stranieri. Le loro percezioni e i vissuti come utili strumenti per una prospettiva diversa, costruita sui luoghi, gli spazi, le emozioni che tracciano e disegnano un’insolita pianta cittadina. Avvicinare a noi gli sguardi e i corpi che ancora troppo spesso consideriamo lontani, ostili, staccati ed estranei al nostro quotidiano, anche se i nuovi cittadini ci vivono accanto, camminano con noi, segnano il territorio, lo abitano e lo trasformano. È quello che ha fatto, attraverso varie forme artistiche, il festival Atlas of Transitions, Right to the City/Diritto alla Città, progetto europeo triennale ideato e promosso da Emilia Romagna Teatro, a cura di Piersandra Di Matteo, in collaborazione con la compagnia teatrale Cantieri Meticci e il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Bologna. Progetto a cui collaborano teatri nazionali, ONG e Università di Albania, Belgio, Polonia, Francia, Grecia e Svezia, per pensare a pratiche artistiche sull’interazione e la reciprocità fra cittadini europei, residenti stranieri e nuovi arrivati.

Lincontro, la relazione e la partecipazione sono stati al centro di spettacoli, performance, concerti e momenti di condivisione gioiosa di spazi. Un’esplorazione urbana che ha provato a scandagliare le trasformazioni profonde e silenziose che vive Bologna, dal centro storico fino alle periferie più popolose e multietniche, con pratiche partecipate di cittadinanza. La realtà urbana che muta, luci e ombre di una nuova geografia del vivere contemporaneo. Arte e laboratorio di pensiero insieme per contrastare e smontare da dentro l’allarme costruito intorno al fenomeno migratorio mostrato quasi unicamente come emergenza e fonte di conflitto. Una riflessione seria e critica sulla migrazione contemporanea, contro il radicalismo, per un diverso modo di pensare alla cittadinanza, ai flussi migratori che stanno ridisegnando il nostro paesaggio.

Fra i lavori presentati al festival Punteggiatura dell’artista e performer eritrea bolognese Muna Mussie, frutto di un’opera collettiva che ha riunito circa quaranta donne straniere di molti paesi, dalla Nigeria all’Albania, dall’Iran alla Serbia, dalla Cina alla Russia, in cui la scrittura ricamata ha creato un intreccio di fili, reale e metaforico, unendo storie ed emozioni in un libro di stoffa. L’idea della Mussie, spiega, «È nata quando la curatrice di Atlas of Transitions, Piersandra Di Matteo, mi ha chiesto di mettere in relazione la ricerca sul ricamo con i saperi tradizionali di culture differenti. La scuola delle donne il luogo fulcro per intessere questo dialogo, uno spazio al quartiere Pilastro, in cui donne migranti, di diverse generazioni e provenienze, possono imparare l’italiano, incontrarsi e organizzare laboratori, ma possono anche insegnare qualcosa sulla loro cultura e il loro sapere. Questo mi ha suggerito di lavorare sull’idea di un libro. Punteggiatura vuole evidenziare questo scambio di posizioni, acquisizione e trasmissione e viceversa».

foto di Alice Murtas

«Poi – prosegue la Mussie il raggio di collaborazione si è ampliato a dismisura grazie ad una rete di realtà tra cui la Biblioteca delle Donne, diverse cooperative sociali, Aemilia Ars (il tipico merletto bolognese) e il sostegno di Santarcangelo dei Teatri. Da febbraio ho iniziato a contattare diverse strutture che ospitano donne migranti, all’inizio ci sono resistenze, il progetto non era chiaro fino in fondo, per me era impossibile dare un’immagine chiara di ciò che sarebbe stato il libro dal momento che si trattava di un lavoro collettivo in divenire, basato su incontri, interviste, passaparola, ricerche estemporanee. È stato questo il processo di costruzione. Superati i primi scogli si è aperto un mare. Quasi ogni giorno, per circa tre mesi, ho percorso la città e la periferia per incontrare queste donne. Dopo un primo momento conoscitivo, i dialoghi sono continuati in modo colloquiale. Per me il diritto alla cittadinanza è stato anche questo: vivere intimamente e privatamente i luoghi della città, in un rapporto a due dove ci si incontra, si scambia del tempo concedendosi all’altro. Oltre allo scambio di pensieri le protagoniste sono state invitate a creare un loro ricamo su una pagina di stoffa. Non tutte avevano abilità, per questo alcune bozze sono state delegate al laboratorio sartoriale a cui mi sono appoggiata. Ho scelto un lino bianco avorio e tela di fusto, una buona base perchè neutra e resistente. Questo era il contenitore a disposizione di tutte le partecipanti, le parole, i disegni e i colori dei ricami, sono frutto loro. Il libro è stato poi rilegato a mano con spago di lino».

Per i contenuti l’artista ha individuato alcune domande importanti che permettessero alle donne di parlare di sé e allo stesso tempo di fare un’analisi del mondo circostante. A partire ad esempio da cosa rappresenta un libro per loro: «era importante», spiega Mussie, «che chiunque avesse consapevolezza e padronanza dell’oggetto che si stava creando. Ho chiesto cosa avrebbero voluto scrivere a chi leggerà il libro in futuro. Cosa volevano si sapesse e non si sapesse di questo nostro tempo. Ho cercato di incoraggiare una riflessione su presente e passato, positivo e negativo – non solo come conseguenza del fenomeno migratorio, ma come conseguenza naturale della vita stessa – lanciare questi pensieri in uno spazio emotivo comune che guardasse insieme al futuro, per dargli un futuro. Mettere per iscritto i pensieri e i saperi di queste donne ha significato per me marcare in profondità un luogo, segnarlo in maniera indelebile. La macchina da cucire ha trascritto su ogni pagina di stoffa i pensieri, da punto a punto, lettera a lettera, seguendo un criterio arbitrario che ha dato vita ad una costellazione filante di traiettorie irregolari e caotiche, unite da un unico filo conduttore». Punteggiatura, come lo definisce la stessa autrice/artista, è un meta libro, ovvero un libro che parla di se stesso attraverso chi lo scrive. «È un contenitore estetico, emotivo e politico». L’opera è stata presentata anche al festival Santarcangelo dei Teatri dove Muna Mussie ha portato in scena Oasi. In autunno il libro sarà ospite della Biblioteca delle Donne di Bologna.