In tema di lotta alla povertà il nuovo anno si apre nella peggiore continuità con quelli passati. E ci riporta a quasi dieci anni fa, autunno 2008, quando l’allora Ministro dell’economia Giulio Tremonti, Governo Berlusconi IV, introdusse la Carta acquisti, più nota come Social Card.

L’annoso ritardo italiano in tema di reddito minimo garantito viene esorcizzato proponendo un decreto legge per introdurre una misura definita «reddito di inclusione», ma già contenuta in un Disegno di legge fermo da tempo nella Commissione lavoro del Senato (AS 2494, DdL Contrasto alla povertà e riordino delle prestazioni sociali, relatrice Annamaria Parente). In realtà questo “fantomatico” reddito di inclusione altro non è che l’estensione di uno strumento tuttora esistente: la Carta acquisti sperimentale SIA – Sostegno per l’Inclusione Attiva – introdotta a partire dal 2013 nelle 12 città con più di 250 mila abitanti e dal settembre scorso estesa a tutto il Paese. È lo stesso servizio Studi del Senato, in un dossier che accompagna il DdL in questione, ad osservare che «nel corso dell’esame parlamentare del presente disegno di legge, è stato già da più parti sottolineato il fatto che il legislatore ha inteso la misura nazionale di contrasto alla povertà come rafforzamento, estensione e consolidamento della Carta acquisti sperimentale – SIA».

Cambiano i nomi ed i requisiti, ma sempre lì siamo: l’estensione di una carta acquisti elettronica pre-pagata delle Poste italiane, nella quale rientrerà la Social Card di “tremontiana” memoria, per confluire nel reddito di inclusione, che è l’estensione della Carta acquisti sperimentale – SIA. Il tutto rivolto solo a una minoranza dei quattro milioni di persone in povertà assoluta. Un terribile, e a tratti ridicolo, gioco dell’oca: da Berlusconi a Renzi-Gentiloni, il partito della nazione è vivo e non lotta contro la povertà, visto anche il ridotto investimento finanziario.

Secondo quanto disse ai tempi lo stesso Tremonti, la Social Card avrebbe dovuto costare 450 milioni di euro l’anno, per l’erogazione di quaranta euro mensili di sostegno alla spesa alimentare, sanitaria e pagamento di bollette luce e gas, in favore di over 65 anni e minori di 3 che rientrassero nei requisiti di legge. Uno strumento molto limitato, per erogazione monetaria e persone da tutelare, eppure inevitabilmente costoso.

Quasi dieci anni dopo, di continuo impoverimento dentro una crisi economico-finanziaria infinita, che falcidia ceto medio e classi popolari, la nuova misura prevede solamente un miliardo di finanziamento per il 2017, con un beneficio mensile tra gli 80 e i 400 euro in base alla numerosità del nucleo familiare che abbia ISEE inferiore o uguale a 3mila euro e favorendo, giustamente, quei nuclei che hanno il maggior numero di figli minorenni, in cui vi è un genitore solo e con presenza di persone con disabilità grave o non autosufficienti. Si tratta di una goccia nel mare di una lotta alla povertà e all’esclusione sociale che, secondo la maggioranza parlamentare, merita solamente un decimo dei fondi stanziati dal Governo Renzi per la misura degli 80 euro, e un ventesimo dei miliardi utilizzati solo pochi giorni fa per il decreto salva-banche.

Senza dimenticare che una quota di questo miliardo di euro servirà a sostenere i costi delle associazioni del Terzo Settore, unite sotto il cartello dell’Alleanza contro la povertà per intervenire nel progetto di attivazione sociale e lavorativa al quale deve obbligatoriamente aderire il soggetto che usufruirà della carta acquisti prepagata SIA/reddito di inclusione, pena la revoca o l’esclusione dal beneficio. E lo scorso 29 dicembre L’Avvenire ha prontamente pubblicato l’appello dell’Alleanza contro la povertà per l’approvazione del reddito di inclusione e del piano contro la povertà.

Siamo ridotti così. Il 2017 sarà un anno di anniversari anche per la settantennale incapacità repubblicana di introdurre un Welfare universalistico, come ci ricordano le ricorrenze delle diverse Commissioni istituite per risolvere la questione sociale: da quella quasi “costituente” presieduta da Ludovico D’Aragona (1947), alla Commissione Onofri (1997 ), a quelle di Pierre Carniti (1997 e 2007). Non c’è peggior modo per iniziare questo anno che scherzare sulla pelle di una società sempre più impoverita, impaurita, depressa e insicura.

Possibile l’attuale classe dirigente non riesca ancora a capirlo?

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*** Il bluff del governo sui poveri: un sussidio per un milione su quattro
Welfare all’italiana. Il governo Gentiloni rilancia il Ddl abbandonato al Senato, stanziato poco più di 1 miliardo. Ne servono altri sei

*** I più poveri d’Europa
Dopo la Grecia, l’Italia è il paese europeo dove la povertà è aumentata di più dal 2008. Al Sud ci sono più italiani che stranieri nei centri Caritas. Cresce la miseria tra i giovani senza lavoro. La caritas chiede un piano universale entro il 2020, ma il governo ha approvato una misura per soli due anni con fondi insufficienti per affrontare l’emergenza

***La bufala del reddito minimo e la realtà dei poveri in Italia
Il governo Renzi sta promuovendo una nuova bufala. Dopo avere scambiato il «Jobs Act delle partite Iva» per uno «statuto del lavoro autonomo», ora è impegnato in un’altra campagna. Il Cdm avrebbe approvato addirittura il «reddito minimo». In realtà si tratta di un sussidio per un milione di poveri assoluti (su 4)

*** Per essere degni ci vuole come minimo un reddito
La campagna “reddito di dignità” promossa da Libera di Don Ciotti, il Bin – Basic income network-italia e il Cilap alla quale ha aderito Landini (Fiom). Le differenze con la campagna per il “Reddito di inclusione sociale” (Reis) alla quale ha aderito anche la Cgil di Camusso. Sul reddito le sinistre, e il sindacato, sono spaccati come una mela. Ecco perché