Per Sandro Medici, il bilancio di queste elezioni amministrative è stato molto più che deludente. La sua lista «Repubblica romana» ha preso 7.940 voti (0,77%), superata dalla coalizzata Rifondazione con l’1,14% (11.629 voti). Con il partito pirata, le tre liste hanno preso l’1,99% dei consensi, il loro candidato il 2,2%. «I dati sono quelli che sono – ammette Medici – ma vanno contestualizzati. Il bisogno di liberarsi di Alemanno che ha massimizzato i voti a sinistra e l’astensione che ha colpito tutti. Nei miei confronti poi i grandi mezzi di comunicazione hanno imposto una censura. Nonostante i nostri limiti organizzativi, con 14 mila euro spesi per la campagna elettorale, in un mese e mezzo siamo riusciti a dare un segnale».

Non ti sembra che uno dei limiti di questa esperienza sia stato quello di non riuscire a dimostrare di essere diversi dalla sinistra radicale?

Questo è il limite più grande. L’astensionismo ha penalizzato il voto dei 5Stelle, colpendo il Pd che ha dimezzato i voti dal 2008 e Alemanno. “Repubblica romana” non è stata in grado di intercettare pressocché nulla. Nonostante gli sforzi, i contenuti, i linguaggi, che abbiamo sperimentato oggi ci troviamo in una difficoltà di traiettoria. Il problema è nostro.

L’esponente del Pd Goffredo Bettini sostiene che a Roma i vincitori di queste elezioni siano il Pd e Sel. Che cosa ti ha portato a schierarti contro questo asse dopo 10 anni di governo del X municipio con il centrosinistra?

Mi sono schierato contro un modello amministrativo che stava dentro il quadro delle compatibilità. Anche in campagna elettorale non ho sentito un ragionamento contro il patto di stabilità, la rendita del patrimonio, l’austerità. Nel mio piccolo ho cercato di distinguermi, ma mi sono ritrovato escluso. La densità critica che ho cercato di rappresentare è stata interpretata come uno stridore insostenibile. A Roma, ciò che ha vinto è stato il bisogno prorompente di chiudere la stagione di Alemanno che si è manifestato con il ripristino di un’alleanza che nel frattempo non esiste più a livello nazionale. L’alleanza tra Pd e Sel si è rotta a causa dello spostamento imbarazzante del Pd verso posizioni moderatissime, compatibili con lo scenario europeo dell’austerità, l’elezione del Presidente della Repubblica e il sostegno al governo delle laghe intese.

Perche allora questa alleanza tiene a Roma, a Pisa e in altre città?

La situazione è diversificata, ma in generale non è escluso che il Pd stia pensando ad una strategia del doppio livello come faceva il partito socialista negli anni Ottanta. Allora i socialisti stavano al governo con la Dc, mentre con il Pci facevano le giunte rosse. Oggi i democratici stanno al governo con Berlusconi, mentre sul locale tengono in piedi l’alleanza con Sel.

Che interesse avrebbe Sel ad appoggiare questa politica?

A mantenere in piedi artificialmente un’alleanza che ha come discriminante la chiusura a sinistra. E che nessuno si azzardi a proporsi in maniera autonoma e indipendente.

Repubblica romana è andata male mentre le altre liste della «rete delle città solidali» a Pisa, Siena o Ancona hanno avuto tra l’8% e il 10% dei voti. Come lo spieghi?

Con il fatto che una parte del mondo associativo romano ha fatto una scelta di internità e di utilizzo del centrosinistra. Tuttavia, i veri voti mancanti per noi sono stati quelli dell’astensione. Questo è stato il limite maggiore della nostra operazione. L’astensionismo a sinistra è portatore di una critica che non guarda in faccia a nessuno, che tende a valutare tutti allo stesso modo, anche chi invece si sforza di proporre prospettive diverse. La definirei una rassegnazione attiva. Può sembrare un ossimoro, ma interroga crudelmente tutta la politica. È un atto di accusa tremendo.

Il voto di Roma verrà usato dal governo Pd-Berlusconi per legittimare le larghe intese anche oltre il 2015. Credi che ci sia spazio per una politica contro l’austerità?

Apparentemente questa possibilità non c’è. I nostri risultati non sono così squillanti da prospettare la costruzione di un polo di sinistra. Allo stesso tempo sono convinto che non annullino questa possibilità. Siamo ancora in una fase di transizione, e non è detto che porti ad esiti diversi.

Continuerai a fare politica e in che modo?

Si, pensiamo di tenere in vita questa esperienza che ha avuto un suo rilievo in città, per la passione di chi l’ha animata e per la splendida relazione che abbiamo avuto con il mondo della cultura indipendente a Roma che è una parte creativa di questa città. Ci tengo a coltivare questa pianticella.