Secondo gli organizzatori, giovedì a San Giovanni sono arrivate tra le 700 mila e il milione di persone. Secondo l’Auditel davanti alla tv accesa su Raitre ce n’erano circa 900 mila. Le cifre relative alla piazza saranno anche un po’ gonfiate, come avviene in questi casi. Ma il Concertone del primo maggio per la tv non è stato un evento.

Eppure il Pd, con il renziano segretario della commissione di vigilanza Rai Michele Anzaldi, lo segnala agli organi competenti come episodio di violazione della par condicio televisiva. E forse è l’aspetto più serio del «caso» Piero Pelù, se seri possono definirsi la legge che imbriglia l’informazione politica in periodo elettorale e i relativi regolamenti attuativi approvati dalla vigilanza e dall’Agcom.

Sull’attacco sferrato in diretta dal rocker fiorentino contro il suo ex sindaco Matteo Renzi – il «non eletto» e «boy scout di Licio Gelli» dal quale «non vogliamo elemosine da 80 euro, ma lavoro» – i social si sono scatenati. A polemizzare, in prima fila, gli esponenti del Pd. Partite lancia in resta su twitter le candidate alle europee: Pina Picierno (la capolista al Sud, che con 80 euro fa la spesa per due settimane, ha portato anche lo scontrino a Floris ma cortesemente la prossima volta ci indichi anche il supermercato dove si serve); e Alessandra Moretti, Nord est, che si lancia in un impagabile «sarebbe bene che i comici e i cantanti si occupassero del loro mestiere» (forse spera di liberarsi di Berlusconi e Grillo in un colpo solo) e aggiunge che ci sono persone che gli 80 euro li utilizzeranno «per farsi una spesa in più alla settimana» (quindi 4 giorni al mese, e qui si evidenzia un dissidio con Picierno).

La tifoseria renziana si associa aggiungendo commenti tipo «Pelù non sa più cantare», «non lo conosce più nessuno» (ma magari i circa 3 milioni e mezzo di spettatori di The voice of Italy sì) e poi – come tutti quelli che criticano Renzi – rosica. Un rosicamento per giunta antico, legato, ricordano in tanti, all’Estate fiorentina della quale Pelù fu nominato direttore artistico nel 2007 dall’allora sindaco Domenici con un compenso di 72.000 euro mentre nel 2009 Renzi scelse Riccardo Ventrella (direttore della Pergola) a titolo gratuito. Per questo, si disse già in altre occasioni, l’ex leader di Litfiba è particolarmente polemico con l’attuale premier.

Ma Pelù non vuole passare per rosicone né per miliardario eccentrico che non si rende conto che per molte persone 80 euro fanno davvero la differenza (Berlusconi li ha definiti «mancia»). E così su Fb ribatte che non era sua intenzione offendere. Ma anche che dall’Estate fiorentina è stato lui a decidere di andarsene. Per quanto riguarda il singolare riferimento del cantante a Licio Gelli, dal Pd c’è invece chi, Andrea Marcucci, riesuma un articolo di Repubblica datato 1995 che raccontava di come «Pelù e compagni» fossero finiti a Villa Wanda faccia a faccia con il «Venerabile».
Comprensibile nervosismo pre elezioni. Ma arrivare a chiamare in causa la vigilanza Rai in stile berlusconiano è il segno che il Pd è davvero preoccupato (dal possibile tsunami a 5 Stelle, non a caso in molti rimproverano a Pelù di avvantaggiare Grillo) ma anche che sta prendendo una china altrettanto preoccupante. Il concerto di San Giovanni è fin dalle prime edizioni osservato speciale e oggetto di tentativi più o meno riusciti di censura, ma normalmente da parte della destra (lo stesso Pelù fu protagonista di un altro «caso», nel ’93, quando facendo campagna per l’uso del preservativo se la prese con Wojtyla e pronunciò pure un «papa, ma sai na sega»). Nel 2003 – governo Berlusconi – si diffuse il panico tra gli autori dell’evento e i dirigenti Rai per le frasi pronunciate dal palco da Daniele Silvestri («se c’è una guerra di cui vorrei parlare è quella che il nostro governo sta dichiarando alla magistratura») e Meg («non ci sarà giustizia finché governeranno persone in doppiopetto come Bush, e i vassalli Blair e Berlusconi»). Risultato: si decise che l’anno seguente il concerto sarebbe stato trasmesso in differita di 20 minuti (avvenne sul serio) per permettere sforbiciate da parte delle censura nel caso a qualche altro artista fosse venuto in mente di lanciarsi in quelli che per i berlusconiani erano inaccettabili comizi.

Allora. Adesso secondo i forzisti si vuole «limitare la libertà di un artista» (e dire che Pelù ha attaccato pure Berlusconi). Mentre il solito Anzaldi (segnalatosi tra l’altro per aver protestato con la presidente Rai Tarantola per l’imitazione della ministra Boschi fatta da Virginia Raffaele), inveisce contro l’«intervento dai chiari contorni politici e offensivi contro il premier e segretario Pd», e arriva a chiedere che «venga chiarito chi e era chiamato a vigilare, se ci siano responsabilità e di chi». Storcono il naso anche Bonanni e Angeletti, Cisl e Uil. Mentre la leader della Cgil Camusso osserva: «Non mi pare che ci sia alcun caso». Renzi e i suoi farebbero bene a ascoltarla, almeno stavolta. Per ora il premier ha preferito ascoltare le pretese di Alfano sul decreto Poletti.