Ha sempre corretto gli altri, soprattutto nei 23 anni trascorsi a capo della Congregazione per la dottrina della fede, l’ex Sant’Uffizio. Stavolta Ratzinger corregge se stesso e ritratta quello che aveva dichiarato alla commissione indipendente sugli abusi sessuali commessi nell’arcidiocesi di Monaco-Frisinga: non è vero che non c’era, ma era presente alla riunione in cui si decise il trasferimento di un prete pedofilo dalla diocesi di Essen a quella di Monaco, all’epoca – siamo nel 1980 – guidata dallo stesso Ratzinger.

Era questo uno dei rilievi mossi al papa emerito dal rapporto commissionato dalla diocesi di Monaco allo studio legale Westphal Spilker Wast, nel quale è stato evidenziato che 497 persone, soprattutto minori, fra il 1945 e il 2019, hanno subito abusi e violenze sessuali da parte di preti, diaconi, incaricati pastorali, insegnanti ed educatori in servizio nell’arcidiocesi.

Il rapporto ha messo in luce anche le responsabilità dei vescovi che hanno coperto i preti pedofili, fra cui appunto Ratzinger, accusato di «cattiva condotta» in quattro casi fra il 1977-1982, quando era arcivescovo di Monaco. Il caso in questione riguarda padre Hullerman, che fra il 1973 e il 1996 abusò di almeno 23 ragazzi fra 8 e 16 anni. Nel 1980 fu deciso il trasferimento di Hullerman a Monaco, per seguire una terapia che curasse il suo «disturbo narcisistico con pedofilia ed esibizionismo».

Poco dopo gli venne affidato anche un incarico in parrocchia, dove continuò a compiere abusi. Nel 1986 fu condannato penalmente a 18 mesi e solo nel 2010 sospeso dal ministero pastorale.

Ratzinger ha sempre sostenuto di non essere stato presente alla riunione in cui si decise lo spostamento di Hullerman. Ma ieri ha fatto dietrofront, con una dichiarazione del suo segretario, monsignor Gänswein: «Contrariamente a quanto affermato in udienza, il papa emerito ha partecipato alla riunione» in cui si decise il trasferimento di Hullerman a Monaco. «Tuttavia – prosegue Gänswein – l’affermazione che l’incarico pastorale a Hullerman non è stato deciso in quella riunione rimane corretta».

Una giustificazione decisamente debole: anche se l’incarico in parrocchia fosse stato deciso in un secondo momento, il vescovo Ratzinger ha lasciato che un prete pedofilo assegnato alla sua diocesi per «curarsi» lavorasse in parrocchia, a contatto con i minori.