Pechino aveva definito «carta straccia» la sentenza della Corte dell’Aia che ha sancito, seppure in modo non vincolante per la Cina, la possibilità di navigazione per le Filippine in quei tratti del mar cinese meridionale a ridosso delle isole Spratly, sulle quali la Cina rivendica una sua esclusiva sovranità.

E per fare capire a tutti le sue intenzioni, ieri la Cina per bocca del vice ministro degli esteri Li Zhenmin ha annunciato la possibilità di istituire una zona di identificazione aerea sull’area, come già fatto a fine 2013 per il mar cinese orientale, con riferimento alle isole Diaoyu, Senkaku per i giapponesi, contese proprie da Tokyo.

Si tratterebbe di un gesto forte, capace di sollevare numerose polemiche e interrogativi su un’area che rischia di diventare una delle più calde, geostrategicamente, del confronto tra Stati uniti e Cina e tra i paesi dell’area. «Se la nostra sicurezza è in pericolo, naturalmente, abbiamo il diritto di istituire una zona di identificazione» ha detto ai media Liu Zhenmin, aggiungendo che la decisione «dipende dal nostro giudizio complessivo».

La Cina ha già stabilito una «Adiz» (la zona di identificazione aerea) nel mar cinese orientale alla fine del 2013, al culmine delle tensioni con il Giappone sulle isole contese Diaoyu: «Speriamo che gli altri paesi non colgano l’occasione per minacciare la Cina e speriamo possano lavorare con la Cina per mantenere la pace e la stabilità del mar cinese meridionale, e non trasformarlo in una fonte di guerra», ha detto il vice ministro alla stampa locale che ieri ha riportato con enfasi l’intenzione. Anche perché la precedente «Adiz», secondo indiscrezioni, sarebbe stata voluta proprio dal presidente Xi Jinping in persona. Xi che subito dopo la sentenza dell’Aia ha fatto sapere il suo nervosismo al riguardo.

Gli esperti hanno specificato che stabilire una «Adiz» sarà «una decisione molto difficile da fare in quanto sarà sicuramente contrastata da diversi paesi»: rispetto a quella nel mar cinese orientale, che si rivolge principalmente al Giappone, una zona di identificazione aerea nel mar cinese meridionale «coinvolgerà un gran numero di contendenti nella regione finendo per coinvolgere aspetti legali e diplomatici», ha spiegato al Global Times Zhao Xiaozhuo, un ricercatore del «Center on China-Us defense relations» dell’Accademia delle Scienze Militari dell’esercito di liberazione.

Infine, la decisione dell’Aia ha sicuramente sconquassato gli equilibri dell’area. Ne è un esempio l’Asean. L’«associazione delle nazioni del sud est asiatico» di cui fanno parte dieci paesi, Filippine, Indonesia, Malaysia, Singapore, Thailandia, Brunei, Vietnam, Birmania, Laos e Cambogia) è rimasta interdetta sulla questione delle contese territoriali. Chiaramente la spaccatura dipende dalla natura delle relazione di alcuni dei paesi dell’associazione con la Cina: «Abbiamo rinunciato a esprimere una dichiarazione comune», ha spiegato una fonte dell’associazione citata dall’agenzia giapponese Kyodo. Il Laos, presidente di turno, nei giorni scorsi ha informato gli altri paesi membri che non ci sarebbe stata una dichiarazione comune perché «non si riusciva a raggiungere il consenso necessario».