La Liaoning, la portaerei che la Cina ha minacciosamente fatto muovere durante i giorni della crisi del mar cinese meridionale, è stata acquistata dall’Ucraina. Pechino è il primo partner commerciale del paese (dal 1992 sono 200 i contratti militari tra Cina e Ucrain) per quanto riguarda materiale bellico. I rapporti tra Pechino e Kiev sono stati suggellati dalla visita dell’ex presidente Yanukovich in Cina lo scorso dicembre.

8 miliardi di dollari in investimenti cinesi, il giro d’affari promesso, compreso l’affitto di parecchi ettari di terreno ucraino, affinché la Cina possa approvigionarsi di grano. Questi rapporti sino- ucraini, hanno condizionato non poco la posizione cinese sulla crisi, dato che sullo sfondo è presente l’alleanza con Mosca, confermata da posizioni internazionali forti, come quelle sulla Siria.

«Equilibrismo» è la parola chiave per leggere la posizione di Pechino, sottovalutata ad oggi a livello internazionale, dato il peso economico e militare che la Cina riveste nei fatti ucraini.

Secondo un comunicato diramato da Mosca, i ministri degli esteri russi e cinesi si sarebbero trovati perfettamente concordi riguardo la crisi ucraina. Vero, ma il fatto che il comunicato sia stato proposto da Mosca, ha permesso al ministero degli esteri cinesi di precisare che Pechino crede in una soluzione «pacifica», che non preveda separazioni territoriali. Il portavoce del ministero degli esteri cinesi, Qin Gang ha emesso un comunicato nel quale si precisa che «la posizione cinese è da sempre favorevole al non intervento negli affari interni di altri Stati. Rispettiamo l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina».

La posizione della Cina, quindi, ricalca quella già vista in altri ambiti internazionali, per più ragioni. In primo luogo Pechino è contro ogni tipo di cambiamento dello status quo, laddove questo permetta ai propri affari di girare a pieno ritmo. L’equilibrio raggiunto con Ucraina e Russia, con cui il presidente Xi Jinping ha concluso gli accordi sul gas, pongono la Cina in una posizione ovvia. Del resto Pechino si è sempre detta favorevole al principio di non ingerenza e quindi, pur supportando Putin, e vedremo come, non può pubblicamente sostenere un eventuale intervento armato. Analogamente però, Pechino ha sempre contestato la visione eurocentrica delle «rivolte colorate», non solo per questioni interne (la Cina teme ogni potenziale riverbero separatista al suo interno), ma anche per una più generale visione di accerchiamento che accomuna non poco Pechino a Mosca.

Attaverso le pagine del Quotidiano del Popolo, la visione cinese è stata decisamente più chiara rispetto a quella affidata ai comunicati ufficiali. Si tratta di una pratica consolidata: lasciare ai media di Stato la visione «di pancia», compensata dai comunicati ufficiale più moderati. In un articolo firmato Zhong Sheng, ovvero «la voce della Cina», uno pseudonimo usato sovente dall’organo ufficiale del Pcc, per dare sfogo a visioni molto nette in tema di politica estera, si accusa chiaramente l’Occidente di avere una politica anti Mosca, di aver soffiato sul fuoco della rivolta ucraina. È ora per l’Occidente, ha scritto la «voce della Cina», di abbandonare «la mentalità da guerra fredda».