Dopo sette anni di negoziati, Cina e Ue hanno raggiunto un’intesa sull’atteso accordo di investimento bilaterale che dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – assicurare maggiore reciprocità per le aziende europee oltre la Muraglia.

L’annuncio è arrivato ieri al termine di una videocall tra il presidente cinese Xi Jinping, i leader Ue e la coppia Merkel – Macron, il duo che ha diretto dietro le quinte la maratona negoziale terminata per un soffio (come da programma) entro fine anno e soprattutto prima dell’insediamento di Biden.

L’accordo è stato accolto come un successo da entrambe le parti. Per la Cina, è un’occasione per confermare nuove aperture dopo l’introduzione a gennaio della Foreign Investment Law. Per Bruxelles, invece, il trattato aiuterà a riequilibrare le relazioni economiche bilaterali concedendo «agli investitori europei un livello di accesso al mercato cinese senza precedenti», una maggiore tutela dei segreti commerciali, e un trattamento più equo. Impegno, quest’ultimo, che Pechino dovrà mantenere assicurando per la prima volta su base bilaterale trasparenza in materia di sussidi statali. Mentre i dettagli non sono ancora noti – il testo richiede l’approvazione per nulla scontata del Parlamento Ue e il processo di ratifica potrebbe durare mesi – secondo la stampa hongkonghese, la Cina ha ottenuto l’ingresso nel mercato energetico europeo in cambio di più accesso per le aziende europee, tra gli altri, ai settori manifatturiero, immobiliare, finanziario e delle telecomunicazioni.

Un primo piccolo passo verso un possibile più ampio accordo di libero scambio. Il tempismo con cui sono state chiuse le trattative ha suscitato non poche critiche, soprattutto all’interno del Parlamento Ue, da cui recentemente era giunta la richiesta di sanzioni contro le violazioni delle libertà nello Xinjiang. Pechino se l’è cavata impegnandosi in un non meglio precisato futuro a ratificare le convenzioni dell’Ilo sul lavoro forzato. Complice la necessità per Bruxelles di colmare al più presto lo svantaggio competitivo dei player europei in Cina dopo l’accordo di fase uno strappato da Trump.

Soprattutto considerata la contrarietà dimostrata pubblicamente dall’amministrazione Biden. Per Pechino, reduce dalla firma della mega Regional Comprehensive Economic Partnership, si tratta di una vittoria geopolitica importantissima. Il fatto è che, nonostante l’appellativo di “rivale sistemico”, la Cina rimane un partner Ue indispensabile nella lotta al coronavirus e al cambiamento climatico. Pur riaffermando la propria vocazione transatlantica, Bruxelles sa bene che il baricentro dell’economia mondiale si è ormai spostato a Oriente.