Parlando in videoconferenza al G20 di Roma, il presidente cinese Xi Jinping ha invitato a non strumentalizzare la pandemia per fini geopolitici. «La stigmatizzazione del virus del Covid-19 – ha detto – e la politicizzazione del tracciamento dell’origine vanno contro lo spirito di solidarietà contro la pandemia». Il suo intervento è proseguito sottolineando l’importanza «della cooperazione sulla prevenzione, il controllo, la diagnosi e il trattamento».

L’appello stesso del presidente cinese però persegue obiettivi di politica internazionale. In primo luogo, quando parla di «politicizzazione» dell’origine del virus, il presidente cinese si riferisce alle diverse inchieste aperte sui primissimi giorni della pandemia. Il sospetto, avanzato dagli ambienti trumpiani ma persino amplificatosi dopo l’elezione di Joe Biden, è che il Sars-CoV-2 sia emerso a causa della disattenzione dei ricercatori di un laboratorio di virologia di Wuhan, dove per anni sono stati realizzati esperimenti di ingegneria genetica sui virus dei pipistrelli.

La versione contrasta con quella ufficiale che si affermò sin dalle prime settimane, secondo cui il virus sarebbe «saltato» nell’uomo al mercato Huanan di Wuhan. Proprio ieri, su richiesta del presidente Biden, il National Intelligence Council (Nic) statunitense ha pubblicato il rapporto più aggiornato sulle conclusioni a cui sono giunti gli investigatori riguardo all’origine del virus. Secondo il report, su alcuni elementi si è raggiunto un certo consenso: ad esempio, il coronavirus «non è stato sviluppato come arma biologica» e «le autorità cinesi non conoscevano il virus prima dell’emersione del focolaio iniziale», iniziato «non più tardi del novembre 2019». Ma se lo spillover sia avvenuto in natura o in laboratorio non è attualmente possibile stabilirlo, sostengono gli analisti del Nic.

Le numerose inchieste svolte in questi due anni non hanno chiarito granché. Nei laboratori di Wuhan si facevano esperimenti potenzialmente pericolosi, ma con virus troppo diversi dal Sars-CoV-2 per essere all’origine della pandemia. La specie-serbatoio, necessaria per un’evoluzione naturale del coronavirus, non è mai stata trovata. Tuttavia la si è cercata soprattutto nel mercato di Wuhan, che oggi sappiamo non essere legato ai primissimi casi di Covid-19. Inoltre, virus simili a quello della pandemia sono stati rinvenuti nei pipistrelli di molte altre zone del sud-est asiatico, e questo suggerisce che si potrebbero essere verificati più di uno «spillover», in zone anche lontane da Wuhan dove il virus sarebbe arrivato grazie alla fitta rete di commerci tra le campagne e le città cinesi. Probabilmente, è ormai impossibile stabilire se il salto di specie sia stato naturale o aiutato da biologi disattenti, e la questione oscillerà in un senso o nell’altro solo in funzione delle convenienze geopolitiche.

L’altro aspetto della politicizzazione della pandemia riguarda i vaccini. Attualmente, due dei vaccini sviluppati in Cina dalle aziende SinoVac e Sinopharm sono approvati dall’Oms ma non riconosciuti da Usa e Ue per rilasciare i pass vaccinali. Questo ne sta limitando la diffusione internazionale. Il sospetto – stavolta del governo cinese – è che l’arma regolatoria sia utilizzata allo scopo di frenare l’influenza di Pechino e difendere le aziende occidentali.