Dopo le ore della grande paura, quelle dei sondaggi inquietanti, ieri al Nazareno è tornata una parvenza di calma. Complice il week end, i dirigenti in viaggio, lo stop forzoso alle attività in attesa del verdetto delle urne, soprattutto naturalmente quelle dell’Emilia Romagna. In mattinata il segretario Nicola Zingaretti è al lavoro nella sede nazionale. A preparare una gestione ordinata del dopovoto. Comunque vada il congresso della rifondazione del partito oggi sembra lontano, non prima delle regionali di primavera.

Sul tavolo c’è, più vicina, la questione delle suppletive a Roma, necessarie per coprire il seggio vacante per le dimissioni di Paolo Gentiloni, nominato commissario Ue. Il segretario aveva chiesto la disponibilità a Gianni Cuperlo. L’ex presidente Pd aveva polemicamente rinunciato al seggio di Sassuolo dove l’aveva paracadutato Renzi in una lunga notte di coltelli, gennaio 2018, quando l’allora segretario aveva scritto di suo pugno le liste del Pd. Per le suppletive oggi Renzi e Carlo Calenda, tornati amici, hanno proposto la giornalista Federica Angeli, che vive sotto scorta per le minacce del clan Spada. Sulla scelta, dopo qualche schermaglia – Iv ha disertato il primo appuntamento per discuterne – potrebbe arrivare una ricomposizione fra Pd e scissionisti, magari sul nome del ministro Gualtieri, oggi fedele al segretario ma in precedenza in forza della corrente dei giovani turchi, che fu l’ala sinistra del renzismo. Naturalmente se ne riparla da domani in avanti. E anche su questo tavolo il clima dipenderà dal voto in Emilia Romagna.

Una eventuale sconfitta, a cui da ieri in molti non credono più, sarebbe certo uno scossone anche per il Pd oltreché per il governo, nonostante la pioggia di dichiarazioni tranquillizzanti di queste ore. Chi ha parlato con il segretario lo ha trovato sereno, ma soprattutto convinto, a prescindere dai risultati, di aver fatto intraprendere al Pd la direzione giusta. Che è quella delle alleanze con i 5 stelle.

Zingaretti è infatti sempre più persuaso del fatto che lo schema tripolare – centrosinistra, destre e M5s – sia ormai alle spalle. E comunque vada il voto di oggi, da domani il Pd andrà in pressing sugli alleati di governo perché decidano da che parte stare. Anche nelle regioni.

In queste elezioni Zingaretti si è impegnato al massimo. «Fra Emilia e Calabria Nicola ha fatto oltre 100 appuntamenti», spiegano. Ma in Emilia il risultato è al fotofinish. Diecimila voti in più o in meno faranno la differenza: daranno la vittoria ad uno schieramento o all’altro. Nel Pd sono abbastanza ottimisti. Il ragionamento che circola al Nazareno suona così: «L’endorsement di Marco Travaglio (direttore del quotidiano il Fatto, organo non ufficiale del movimento, ndr) al voto disgiunto per Bonaccini può spostare, specie per i grillini. E anche l’idea che non sia vinta ma in bilico sta mobilitando i nostri. In questo Salvini ha sbagliato».

Ma al Nazareno soprattutto sono convinti che la strada è quella su cui insistere, anche per il futuro. «La linea di Zingaretti è quella giusta: se ci fosse stata un’alleanza coi 5 Stelle a questo punto l’Emilia Romagna sarebbe stravinta. Se si sta insieme al governo del paese perché non farlo in Emilia Romagna?».

E anche oltre. Perché la situazione emiliana, e cioè quella di una regione in bilico, potrebbe replicarsi in alcuni casi anche in primavera, quando andranno al voto Toscana, Veneto, Marche, Liguria, Campania e Puglia.

Intanto, per i prossimi giorni, l’impegno è quello di mettere in sicurezza il governo. Le elezioni anticipate sono un’eventualità a cui non crede nessuno. «Comunque», viene spiegato, «il Pd è in salute, siamo gli unici ad aver presentato il nostro simbolo e siamo il vero baluardo contro la destra di Salvini»