L’ultima colpo di coda delle polemiche sul congresso dei circoli Pd arriverà stamattina a Roma, in una saletta dell’Hotel Ergife. La commissione congressi si riunirà prima della convenzione nazionale che ufficializzerà la vittoria di Nicola Zingaretti. Verrà contabilizzato l’esito degli ultimi ricorsi. Provengono da Campania, Calabria e Sicilia. Fin qui i risultati provvisori dei candidati sono: Zingaretti 47,95%, Martina 36,53, Giachetti 11,23, Boccia 2,91, Corallo 0,67 e Saladino 0,71. Oggi i numeri potrebbero scostarsi di qualche decimale. Il presidente del Lazio potrebbe scendere a quel 47,6 che l’area di Martina faceva circolare dall’inizio, evidentemente certa dei risultati delle regioni del Sud.

AL NETTO DELLE SCINTILLE dei discorsi dei candidati, la giornata non dovrebbe riservare sorprese. Maria Saladino ha già deciso di dare indicazione per Martina, boatos pugliesi danno Boccia verso Zingaretti (via Emiliano). Si tratta di piccoli movimenti interni di assestamento. Per scaldare i delegati non si può neanche contare sull’ospite Frans Timmermans, il socialista olandese vicepresidente della commissione europea (cioè vice di Jean Claude Junker) scelto dai socialisti come candidato presidente al voto del 26 maggio. Profilo politico senza qualità, individuato per esclusione di altri, incarnazione di un’idea di continuità che la dice lunga sulle intenzioni e ambizioni degli europeisti della famiglia di S&D.

DA OGGI IL VERO busillis è l’affluenza ai gazebo. L’asticella dei desideri del candidato vincente sta sul milione e mezzo di elettori. Previsioni riservatissime parlano di un milione.
PER FERMARE LA CORSA di Zingaretti i renziani attaccano sui possibili voti degli esterni, quelli che all’epoca di Renzi erano merce ricercatissima. In questo caso si tratta di arrivi da sinistra. Secondo il Foglio Laura Boldrini e la sua associazione «Futura» – ex area Pisapia – potrebbero votare alle primarie. I renziani invocano l’art.2 dello statuto che sbarra i gazebo per chi appartiene a un’altra forza politica.

ANCORA A PROPOSITO dell’ala sinistra di Zingaretti, ieri Enrico Gasbarra ha steso uno scudo protettivo su Massimiliano Smeriglio, sottoposto al bombardamento dei renziani, scandalizzati dalle critiche ai governi Pd espresse dal coordinatore di Piazza Grande. «La piattaforma politica indicata da Smeriglio mi convince», dice l’eurodeputato al Tempo, «Partire dallo spirito originario dell’Ulivo per arrivare a una nuova piazza democratica europeista larga e inclusiva che si richiama al manifesto di Ventotene è un buon proposito».

QUEST’ULTIMO è un riferimento a una battutaccia di Smeriglio sull’attivismo di Carlo Calenda. Un’insofferenza verso l’ex ministro largamente condivisa nel Pd. Calenda raccoglie firme sul suo «manifesto europeista» e detta la linea pretendendo però di rimanere fuori dal congresso. Domani l’europarlamentare Patrizia Toia presenterà, a nome di tutto il gruppo di Bruxelles, il documento «L’Europa è il nostro futuro». Con il sì dei tre candidati ai gazebo diventerà – questo, non quello di Calenda – la base della «piattaforma comune sull’Europa» del Pd.