Nella conferenza stampa dopo il tracollo elettorale, in realtà una comunicazione, annunciando le sue dimissioni, Renzi se la prese con «i caminetti». Espressione misteriosa per i comuni cittadini, chiarissima per le correnti interne del Pd. Il «caminetto» essendo quella non originale formula con cui il partito democratico è sempre stato governato dalla veltroniana fondazione. In estrema sintesi: una riunione dei capi corrente. Non un organismo formale, ma quello che sostanzialmente ha governato le scelte più importanti. Renzi chiuse il caminetto, sostituendolo con le sue personali decisioni. Ieri sera il caminetto è tornato. Convocato dal reggente Martina anche a nuova testimonianza della crisi del renzismo. I renziani non si sono presentati.

C’erano tutti gli altri, Franceschini, Orfini, Rosato, Zanda, Guerini e Delrio. A vario modo e in diversi gradi tutti con un passato o un presente renziano, ma nessuno in purezza. Non c’erano Boschi e Lotti, gli unici invitati a vantare i 24 carati di renzismo, anche se da qualche tempo in dissidio tra loro. Entrambi con incarichi di governo hanno ufficialmente messo avanti impegni istituzionali, ma nessuno a dovuto fare lo sforzo di crederci tanto che Lotti quando la riunione è cominciata (in serata, al Nazareno) è sceso in campo allo stadio Olimpico per giocare una partita di beneficenza. Invitatissimi alla riunione anche gli esponenti delle minoranze Orlando ed Emiliano e il dissidente Cuperlo. Martina deve fare la fatica di ascoltare tutti. Lo prevede la «gestione collegiale» con la quale sta cercando di voltare la pagina del renzismo.

Renzi si vedrà solo oggi, quando la riunione degli eletti alla camera e al senato del Pd – che tutti insieme adesso sono la metà di quanto erano i soli deputati nella precedente legislatura – discuterà formalmente dei capigruppo da eleggere. Nella sostanza lo avranno fatto ieri al caminetto. Il problema è sempre quello del senatore indicato da Renzi per guidare il gruppo di palazzo Madama. Marcucci non ha il profilo di Guerini, che alla vicinanza all’ex segretario ha sempre unito tatto e capacità di ascolto, se non di mediazione. E infatti la sua indicazione alla camera non pare incontrare problemi. Crollano invece le quotazioni di Marcucci e spunta come alternativa il nome di Richetti. Renziano anche lui, ma con un periodo di crisi nel rapporto con l’ex segretario che adesso può essere esibito come una medaglia. E nessuna cicatrice profonda nel rapporto con Renzi che così potrebbe essere indotto a non rischiare la conta tra i senatori. Sapendo che ormai potrebbe anche perderla. La decisione finale però è rinviata, prima bisognerà eleggere i presidenti delle assemblee. E, cosa che interessa di più di il Pd, i vicepresidenti