Renzi a Torino che si lancia nel solito comizio per il Sì al referendum, la ministra Boschi intervistata davanti alla porta di Brandeburgo sulla riforma costituzionale spiegata ai tedeschi, il presidente di Confindustria che conferma la sua scelta di sostenere il governo. La visione di tutto questo al Tg1 delle 20 di lunedì – e magari anche dell’attacco di Renzi al Movimento 5 stelle «governato da una mail anonima» – non è piaciuta al presidente della commissione di vigilanza Rai Roberto Fico. Che ha deciso di presentare un esposto all’Agcom chiedendo che il primo telegiornale pubblico venga sanzionato. Quello di Fico, componente del «direttorio» grillini, non è stato l’unico esposto all’Agcom contro la Rai, come vedremo. Ma il presidente della Vigilanza l’ha accompagnato con un post su Facebook in cui ha attaccato il direttore del Tg1.
«Caro Orfeo – questo l’attacco – abbiamo capito che ti sei schierato con il Sì». Il resto è ancora più pesante, il direttore è accusato di «boria, supponenza e arroganza», il telegiornale di essere «uno strumento in mano all’esecutivo, quotidianamente schiacciato sul Sì in modo esplicito o con artifici». «Non chiedo nulla per il M5S, voglio solo imparzialità», ha spiegato poi Fico di fronte alle repliche del Pd, intervenuto in massa a protezione di Orfeo contro un cosiddetto «editto grillino» che vorrebbe «imporre le notizie al Tg1». Mentre da destra Gasparri ha invitato il presidente della Vigilanza a non protestare, ma a convocare la commissione. Nel frattempo, però, la scena si rovesciava, e questa volta era il Pd ad attaccare Rai3.
Il primo è stato il deputato Pd della commissione di Vigilanza Boccadutri, che ha chiesto come mai per la seconda settimana di fila il Pd non fosse stato invitato alla trasmissione Ballarò di Massimo Giannini (da tempo oggetto di critiche da parte dei renziani). La risposta più informata è arrivata però direttamente dal Pd, dal più esperto deputato della vigilanza Anzaldi: «Da quel che so io è stato detto che il Pd avrebbe esaurito i suoi tempi». Dunque il problema è stato causato dal suo eccesso: troppi dem in trasmissione fin qui. «Se anche è così – aggiunge però Anzaldi – quali sono i funzionari che hanno gestito in maniera così maldestra la cosa, al punto che il primo partito del paese manca dalla trasmissione in prossimità del voto?». Maldestra o meno, la gestione è valutabile nei numeri, che la Rai riceva dall’Osservatorio di Pavia: «Dal 26 aprile il governo è al 23,8%, il Pd al 22%, M5S al 15,9%, la Lega all’8,6%». spiegano dalla Rai. Dunque avere ancora un dem in studio avrebbe comportato una sanzione certa dell’Agcom per violazione della par condicio. Ma ai vicesegretari del Pd non basta, Serracchiani e Guerini fanno sapere di aver presentato, stavolta loro, un esposto all’Autorità. «Al ridicolo non c’è mai fine, le opposizioni sono ridotte al lumicino», commenta il capogruppo di Sinistra italiana Scotto.
Ed è così che si spiega la protesta che proprio contro Rai3 arriva dal Comitato del No al referendum. «Poca informazione e quella poca pure sbagliata oppure tesa (volutamente?) a fare confusione, a disorientare (orientare al Sì?) i cittadini che così non vengono messi in condizione di farsi un’opinione sulle ragioni del No» è il senso di una denuncia del vice presidente del Comitato Alfiero Grandi. Che lamenta come il «primo soggetto collettivo a pronunciare una posizione contraria alle riforme, a promuovere una raccolta di firme, presieduto dai professori Pace e Zagrebelsky non venga mai citato». Al suo posto, anche nel Tg3, dopo le ragioni del governo, quelle di «un generico fronte del No».