Enrico Letta ci scherza sopra, utilizzando quella parola che gli è rimasta appiccicata addosso da sette anni: «Se posso permettermi, credo che la scelta di domani alla Camera, per scegliere la nuova capogruppo, vada fatta in grande serenità», dice a Radio1.

Ma così non è. Le accuse tra le due candidate Marianna Madia e Debora Serracchiani, con la prima che ha additato la seconda come «cooptata» dal capogruppo uscente Graziano Delrio con accordi tra correnti, hanno lasciato il segno. Né il fine settimana è servito a pacificare gli animi.

E COSÌ OGGI DALLE 15 ALLE 18 sarà aperto il seggio elettorale e i deputati voteranno, come è normale in democrazia: Serracchiani parte in fortissimo vantaggio, con lei ci sono oltre 30 voti degli ex renziani di base riformista, che in cambio avrebbero ottenuto il posto di vice per Piero De Luca, figlio del governatore campano e vicinissimo a Luca Lotti.

Su 93 elettori, per la ex presidente del Friuli ci sono anche i voti di Dario Franceschini e di Graziano Delrio, per un totale di oltre 60 deputati. Madia però resiste a chi le chiede di ritirarsi per evitare una spaccatura e conferma che sarà della partita.

ALLE DUE CONTENDENTI arriva l’appello del tesoriere dem Walter Verini che chiede di «marginalizzare il peso di un correntismo asfissiante ed esasperato, giunto a livelli insopportabili». Come? «Rifiutando appoggi preventivi di correnti più o meno organizzate. Smentire, prima e dopo l’elezione di una di voi, sostegni finalizzati a ristori in termini di organigramma. E impegnarsi a scegliere in piena libertà la nuova dirigenza del gruppo».

Toccherà a Serracchiani, se eletta, rispondere o meno all’appello. Molto delusa dai toni dello scontro la senatrice Monica Cirinnà: «Ne penso ogni male possibile: siamo ancora alla cooptazione e a quello che viene concesso dagli uomini».

SULLA VICENDA DELLE COMUNALI a Roma, entra nel vivo lo scontro tra Carlo Calenda e il Pd. Il primo non vuole le primarie, propone ai dem di indicare un vice sindaco e attacca Roberto Gualtieri, principale candidato in pectore dei dem: «Penso sia stato un bravissimo presidente di commissione in Europa, ma l’amministrazione non è la sua cosa: i provvedimenti che ha fatto al governo, dalla cassa integrazione ai primi giri di ristori, hanno funzionato male. Lui non ha l’esperienza gestionale-amministrativa di cui Roma ha bisogno».

Dal Pd arrivano le bordate. Andrea Romano difende Gualtieri e spiega che «chi vuole costruire un’alternativa a Raggi non pretende di essere incoronato per diritto di nascita come chiede Calenda. E soprattutto non ha paura di primarie aperte e partecipate». I segretari dem del Lazio e di Roma, Bruno Astorre e Andrea Casu, invitano il leader di Azione a partecipare ai gazebo: «Sarebbe auspicabile che, anziché contrapporsi al Pd, prendesse parte e collaborasse alla riuscita di un vero percorso progressista».

GUALTIERI SI DICE «ONORATO che in tanti stiano sollecitando un mio impegno in una sfida così appassionante, apriremo il dossier nei prossimi giorni, è in corso un lavoro positivo per una larga alleanza di centro-sinistra». L’unica certezza, dice Gualtieri, è che «il Pd non può sostenere Raggi. Su di lei diamo un giudizio non positivo, è un inciampo rispetto al livello nazionale ma si può risolvere». «Le primarie? Sono uno strumento importante di selezione della classe dirigente», dice Gualtieri.

Ipotesi di gazebo e incontri tra partiti infastidiscono Calenda: «La sinistra ha la cattiva abitudine di parlare di se stessa e mai dei problemi dei cittadini».

A Bologna spunta la possibile candidatura a sindaco di Mattia Santori, leader delle Sardine. «Faccio quello che serve», ha detto al Foglio. Nel caso, potrebbe partecipare alle primarie del centrosinistra che a oggi non sono convocate, visto che i due sfidanti (gli assessori Matteo Lepore e Alberto Aitini) sono entrambi del Pd.