Il dialogo Pd-5 stelle è chiuso, anzi no. Ma si è mai aperto davvero?, e cioè Renzi ha mai pensato sul serio di prendere in considerazione qualche proposta grillina sulla legge elettorale e sulle riforme, o piuttosto vuole solo fare pressione sull’alleata Forza Italia dimostrando di avere a disposizione anche il ’forno’ di riserva grillino?

E dall’altra parte i grillini hanno mai pensato davvero di emendare l’Italicum e la riforma del senato, o piuttosto l’offerta di dialogo a loro serve solo a riposizionare il movimento dopo l’insuccesso delle europee; e a rendere (ancora più) evidente che il presidente del consiglio sulle riforme ha un partner solo, e cioè Berlusconi?

Ieri il minuetto Pd-M5S ha tenuto banco tutta la giornata. Palle avvelenate rilanciate da un campo all’altro. Cerini raccolti e riconsegnati in fretta. In mattinata, alle 10, il Pd ufficializza che il secondo incontro con la delegazione a 5 stelle, previsto per le tre del pomeriggio, non ci sarà. La motivazione ufficiale la fornisce Speranza, capogruppo alla camera, il «Roberto» che firmava la lettera che i dem hanno scritto la settimana scorsa con dieci domande ai grillini sulle riforme. Il Pd, spiega dunque «Roberto», considera il confronto «importante» e per questo è «imprescindibile» che si svolga «solo dopo che saranno pervenute formali risposte alle questioni indicate». Esplode la protesta grillina. Renziani della prima seconda e terza ora intrattengono duelli via rete e agenzie.

Allora è Renzi a spiegare via tweet: «Chiediamo un documento scritto per sapere se nel M5S prevale chi vuole costruire o solo chi urla». In teoria Renzi vuole «vedere», come nel poker, se Di Maio e compagnia bluffano o fanno sul serio. «Scripta manent», insiste Francesco Nicodemo, responsabile della comunicazione del Nazareno. Su facebook Pippo Civati si chiede: «Fatemi capire, i grillini devono scrivere (altrimenti niente), mentre a Berlusconi si concede la tradizione orale? Ma che regola è?».

Per Grillo la cancellazione dell’incontro è una conferma: la provata dell’ipocrisia» Pd, del fatto che con «gli sbruffoni della democrazia» oggi in Italia «il confronto democratico e trasparente impossibile», dice via telefono alla Cosa, la tv del suo blog. «Andiamo verso una dittatura di stampo legale», «una dittatura fatta da questo ebetino, che è un ebetone pericolosissimo, molto sottovalutato anche da me», «andiamo verso una grande criminalità organizzata di stampo democratico». E però a mezzogiorno i suoi parlamentari (Di Maio, vice presidente alla Camera, Toninelli, padre del Democratellum, e i capigruppo di turno alle camere Carinelli e Petrocelli) in una conferenza stampa avevano usato toni più soft. Nel Pd c’è «confusione» e «volontà di temporeggiare», aveva detto Di Maio. L’ennesima differenza di linea politica.

Passa poco e Grillo corregge la sua eruzione, o almeno così vuol far credere, con un post: «Il M5S ha il dovere come seconda forza politica di migliorare la legge elettorale e ci proverà fino in fondo». Sul blog arriva anche la risposta scritta al decalogo del Pd. Con la premessa della casa: «Come mai per trattare di legge elettorale con un condannato come Berlusconi non richiedete nulla, né risposte scritte, né lo streaming?». E comunque ecco le risposte, «in modo tale che non abbiate più alibi e non possiate più raccontare agli Italiani con la complicità dei giornalisti che il tavolo di lavoro è saltato per colpa nostra». Sono dieci «sì» in grassetto. Ma anche stavolta, non sono quello che sembrano. Sull’Italicum, core business del carteggio, M5S insiste sul primo turno proporzionale senza sbarramenti, premio a chi supera il 50% oppure secondo turno tra i primi due partiti. Il senato elettivo è «irrinuciabile» se restano le funzioni indicate dalla ministra Boschi. Sul resto le risposte sono l’elenco sintetico delle contraddizioni degli annunci renziani. La palla torna in campo dem. Il minuetto continua. Ma Renzi non ha più tempo: in serata Napolitano avverte: sulle riforme bisogna «evitare inconcludenze». Renzi deve trovare un modo per chiudere il balletto. Accusando però la dama di aver abbandonato le danze.