«Oltre a non aver avuto alcun contatto con il ministro Lotti, ribadisco: è quanto meno singolare che dopo essersi accordato con Forza Italia, Lega e M5s per una legge elettorale che avrebbe portato inevitabilmente a un governo di larghe intese, e dopo il fallimento di questa, Matteo Renzi si rivolga a me per un’intesa elettorale». Giuliano Pisapia stavolta manda una nota scritta di suo pugno per assicurare che nessun contatto c’è stato fra lui e Lotti, potenziale emissario di «una proposta» di Renzi.

Non è una vera smentita dei retroscena che lo hanno fatto arrabbiare: raccontavano in realtà di tentativi di contatto da parte del ministro dello sport, andati a vuoto. Ma l’occasione è utile per sottolineare all’indirizzo di Renzi che il tempo del dialogo è scaduto. «Le coalizioni si costruiscono su programmi condivisi e con dichiarazioni pubbliche, non con trattative sotto banco», spiega, «Continuerò a impegnarmi per un soggetto autonomo, aperto e progressista che unisca esperienze diverse provenienti dal civismo, dalle associazioni laiche e cattoliche e dall’ambientalismo, in netta discontinuità con gli anomali accordi e alleanze con destra e centrodestra che il Pd ha portato avanti negli ultimi anni».

Invece dal Nazareno continuano a filtrare proposte di un «listone anche più largo di quel che si dice oggi, a sinistra e al centro», spiega un renziano di ranco, «chi arriva primo avrà l’incarico di formare il governo e dovrà giocarsela in parlamento. Dunque tutti punteranno a fare liste più ampie possibili, per ottenere voti». Listone sì, «ma senza Mdp», è la condizione. Già respinta al mittente a suo tempo da Pisapia.

La preparazione della piazza del primo luglio – a Roma, a Santi Apostoli, sarà lanciato il nuovo soggetto «Insieme» dallo stesso Pisapia e da Bersani – innervosisce il Pd. Soprattutto la notizia che alla spicciolata annunciano la loro presenza gli esponenti della minoranza (Barbara Pollastrini, Gianni Cuperlo), Orlando in testa. Una presenza, la sua, che fa storcere il naso anche alla sinistra-sinistra che contesta il decreto immigrazione che porta la sua firma. La sua presenza in piazza invece «è un’ottima notizia» per Roberto Speranza, coordinatore di Mdp, e per Pier Luigi Bersani che ha spalancato le porte agli ex compagni della minoranza Pd. A pungerlo per ora è però l’ex compagno di corrente Matteo Orfini: «Visto che abbiamo una legge elettorale che non prevede le coalizioni, ritengo sia più utile discutere con i nostri segretari di circolo su come rafforzare il Pd più che con altre forze politiche. Rischia di essere solo una discussione accademica». Replica Orlando con una certa dose di ironia: «Sono lieto che Orfini si sia ricordato che esistono i circoli del Pd che, come è noto, sono stati investiti nelle settimane scorse di una discussione ampia e approfondita sulla legge elettorale».

Il guardasigilli annuncia che quel sabato sarà anche all’assemblea dei circoli, prevista in contro programmazione all’evento incriminato. «E ricordo che le coalizioni esistono sia nei comuni che nelle regioni, pertanto, ignorare gli alleati non è segno di lungimiranza». Infatti con lui a Santi Apostoli andrà anche un altro uomo-simbolo delle coalizioni di centrosinistra, il presidente del Lazio Nicola Zingaretti.

Quanto ai comuni, sono un’altra spina per il Nazareno. Domenica si votano più di cento ballottaggi. Il Pd è avanti in meno della metà, ma nella sede Pd già si fasciano la testa in previsione di risultati non smaglianti. Motivo che ha suggerito di evitare una manifestazione nazionale di chiusura della campagna elettorale. Insieme al fatto che i candidati al secondo turno hanno preferito tenere Renzi a distanza dai loro comizi. «È divisivo», c’è chi spiega. Certo non è il brand giusto per quelli che devono chiedere i voti della sinistra-sinistra.