Non è la rottamazione del simbolo, non è il «superamento del Pd» descritto da Carlo Calenda, in realtà non si capisce bene che cosa sia, però intanto Nicola Zingaretti muove le acque paludose del congresso dem con la proposta di «liste aperte» alle europee. Lo fa dalle colonne del Messaggero: «Dobbiamo aprirci e allargarci, aggregare forze culturali, economiche e sociali per dare l’idea che c’è un’Europa da rifondare», dice il favorito alla corsa per la segreteria Pd. Il simbolo del partito, aggiunge, «non è un dogma», «non si tratta di nasconderlo, ma di rigenerarlo». E comunque, conclude provando a bypassare la questione, «questo, poi, lo decideremo. Dobbiamo ripartire dal Pd come promotore di una lista ampia».

OGGI ZINGARETTI SARÀ a Milano. Dopo la partecipazione ai banchetti del Pd per la giornata di mobilitazione contro la manovra riunirà la sua «Piazza Grande». Con lui ci saranno il sindaco Beppe Sala e l’ex sindaco Giuliano Pisapia. Quest’ultimo fautore (senza successo) di una lista unitaria già per le elezioni del 4 marzo 2018. Sala invece non ha ancora scelto chi votare alle primarie. La prossima settimana porterà un saluto anche all’iniziativa dello sfidante Maurizio Martina. Ma la sua maggioranza civica e di centrosinistra è spesso indicata, insieme a quella della regione Lazio, come il modello di un centrosinistra «rigenerato».
LA LISTA APERTA DI ZINGARETTI per ora è appena abbozzata. Ed è abbastanza generica da non poter quasi essere contestata dagli avversari interni. Martina si schiera contro la rottamazione del simbolo: «Un patrimonio di cui andare orgogliosi». Per Francesco Boccia «il simbolo non è un tabù» ma «per capirci: una cosa è En Marche. Un’altra è una nuova alleanza sociale».

È QUESTO IL VERO PUNTO. La mossa di Zingaretti spariglia ed è già abbastanza per mettere in allarme chi guarda al progetto renziano di una lista «macronista» fuori dal Pd. Progetto altalenante, che in questi giorni rallenta e viene negato – come sempre del resto – dal suo ideatore. Il nervosismo dei suoi fautori però si capisce nelle parole di Antonello Giacomelli: «Zingaretti di fatto propone di sciogliere il Pd per una Cosa nostalgica con D’Alema, Bersani, Fratoianni. Magari per allearsi con i ’compagni che sbagliano’ del M5S. Lecito? Certo. Ma perché si candida a guidare un partito di cui non condivide il progetto e di cui si vergogna?». Replica Nicola Fratoianni, di Sinistra italiana: «Giacomelli può stare tranquillo: non abbiamo intenzione di salire su nessun taxi elettorale. Tantomeno con coloro le cui scelte hanno contribuito a spalancare la porta alla destra e a questo pessimo governo».

MA IL TEMA C’È. Zingaretti stavolta raccoglie applausi dal fianco destro e dal fianco sinistro del Pd. Arriva il sì da Carlo Calenda che lavora da mesi a un suo ’manifesto’ e che – diversamente da Zingaretti – nutre simpatie verso Macron. Stavolta l’ex ministro però è in vena di esternazioni amichevoli verso il presidente del Lazio. Il suo cavallo di battaglia, il «fronte repubblicano», fin qui ha raccolto solo dissensi. Le parole di Zingaretti disegnano qualcosa che alla lontana potrebbe somigliare: «Sono assolutamente disponibile a candidarmi alle elezioni europee qualora si formi una lista unitaria delle forze europeiste», spiega. Un’apertura sottolineata da Massimiliano Smeriglio, coordinatore di Piazza Grande: «Fa piacere riscontrare oggi tanti apprezzamenti», «avanti così e le primarie saranno davvero l’avvio di una nuova storia di passione politica e volontà di costruire l’alternativa di governo al disastro in corso».

SOMIGLIA ANCHE alla proposta di Laura Boldrini, che infatti applaude a nome di quelli che guardano a sinistra, a una lista unitaria che sogna la candidatura-simbolo di Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace. Che però è corteggiatissimo anche da Luigi De Magistris per la sua lista. Avverte Marco Furfaro, coordinatore dell’associazione Futura: «Nessuno capirebbe la solita sinistra che si divide per la rendita dei propri gruppi dirigenti o per iniziative personalistiche che finiscono il giorno dopo le elezioni».