Non c’è pace per il Pd. Se non fosse che il partito arranca all’opposizione si potrebbe pensare che valgono i grandi classici, dio acceca chi vuol perdere. Ma il Pd ha già perso, e in teoria ora dovrebbe puntare a vincere. Il guaio è che ogni mossa contro il governo, e segnatamente contro Salvini, si trasforma in un boomerang. In una lite intestina.

Era successo con la mozione di sfiducia sul caso «rubli». I renziani volevano presentarla immediatamente, Zingaretti invece ha imposto di aspettare il discorso al senato di Conte, anche con la motivazione di rallentare il ricompattamento fra le due forze della maggioranza. Succede ora con la petizione popolare per sostenere la mozione e chiedere le dimissioni del ministro degli interni. Ieri dalle pagine del Corriere della sera il segretario la annuncia. Se non che i renziani giurano che l’idea è loro. E forniscono le prove: la stessa iniziativa, la loro, campeggia dal tardo pomeriggio di giovedì sul sito Repubblica.it, primo firmatario Matteo Renzi.

Mozioni separate, anche nella raccolta firme. Il segretario avverte da facebook che i moduli sono stati inviati a tutti i circoli e a tutte le federazioni. La raccolta si farà nelle feste dell’Unità e nei circoli di tutta Italia e andrà avanti fino al 12 settembre. I renziani invece sono gente smart: la stanno facendo sulla rete e giurano di avere già valanghe firme. E visto che per dire sì online basta un click, non è difficile immaginare che alla fine il confronto dei risultati sarà inevitabile. E inevitabile sarà la vittoria della petizione social renziana rispetto a quella degli eroici militanti che si recheranno ai tradizionali banchetti.

Nel Pd ormai fra segretario ed ex segretario i rapporti sono sempre più tesi. Guerra fredda, liti locali – quella per il segretario del Pd siciliano è finita alla magistratura ordinaria – dispettucci non precisamente adatti all’età adulta dei duellanti. Nel caso della petizione, come nel caso della mozione di sfiducia, i renziani rivendicano la primazia: «L’idea era lodevole, ma se la mozione di sfiducia fosse stata tempestiva avrebbe già dato i suoi frutti: ci siamo arrivati tardi e male, per non disturbare gli strateghi dei valori condivisi con i cinque stelle che invece sono sempre più al servizio di Salvini», spiega Luciano Nobili, deputato e uomo macchina del renzismo romano. La polemica contro il segretario è aperta. Anche perché alla fine la mozione di sfiducia è slittata a settembre per decisione della riunione dei capigruppo di Montecitorio, che procede all’unanimità. Hanno detto no alla calendarizzazione prima della pausa estiva Lega, Forza italia, Fratelli d’Italia e 5 stelle. E il presidente della camera Fico ne ha preso atto. I renziani sostengono invece che anche quello di Fico fosse un no a cui si sarebbe accodata Leu. Federico Fornaro, che di Leu è capogruppo, nega seccamente: «È una pietosa bugia». Quanto alla raccolta di firme, Nobili chiude la storia con finta accondiscendenza: «Se il segretario ha apprezzato l’iniziativa e lancia anche mobilitazione Pd ne siamo ovviamente molto contenti».