La campagna per il Sì al referendum del 17 aprile è partita ufficialmente ieri, e il basic target resta evidentemente il quorum: informare e convincere ad andare alle urne, obiettivo reso più difficile dalla scelta del Pd di schierarsi con l’astensione. Mentre un gruppo di attivisti del Comitato Nazionale «Vota Sì per fermare le trivelle» stendeva teli neri sul Pantheon – a simboleggiare l’inquinamento dei nostri mari a causa delle perforazioni petrolifere – il partito di governo continuava a lacerarsi: la sinistra dem chiede conto della decisione, mai condivisa con gli organi collegiali, mentre i vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani hanno rimandato alla Direzione di lunedì. Si voterà, come ha annunciato il presidente Matteo Orfini – «la Direzione è sovrana e deciderà», ha dichiarato – ma questa consultazione, di fatto, non potrà essere nulla di più della ratifica di una deliberazione già presa e comunicata all’Agcom.

Intanto è il fronte dell’opposizione a mobilitarsi con determinazione per il Sì, in particolare il movimento Cinquestelle e Sel/Sinistra italiana. Beppe Grillo ieri ha pubblicato un tweet al vetriolo contro il Pd e la sua decisione di invitare all’astensione: «Pd trivella democrazia e invita all’astensione dal voto». L’hashtag lanciato dal leader dei pentastellati è #pdtrivellademocrazia.

«I rappresentanti piddini inviteranno i cittadini a restare a casa: per non esercitare il diritto-dovere sancito dalla Costituzione – ha poi scritto Grillo sul suo blog – È uno scandalo. Sconsigliare la partecipazione è un gesto vigliacco. Il Partito degli Ignavi ha deliberatamente scelto di non risparmiare 360 milioni di euro, imponendo di non accorpare il referendum con le amministrative. Giusto per fare due calcoli, quei soldi avrebbero ripagato circa la metà delle perdite dei cittadini truffati dal salva-banche».

Dal fronte della sinistra è Arturo Scotto a ribadire la netta scelta di campo: «Sinistra italiana – ha spiegato – voterà Sì al referendum del 17 aprile non solo per fermare le trivellazioni in mare ma anche per chiedere politiche di messa in sicurezza del territorio e investimenti nelle rinnovabili. Un Sì per tutelare l’ambiente e la salute, per creare nuovi posti di lavoro e non regalare l’Italia alle lobbies del petrolio».

Ironico il leader di Possibile, Pippo Civati: «Non era semplice farsi sorpassare a sinistra dai vescovi. Stavolta il Pd ha una posizione più arretrata di quella della Cei».

Ma se le posizioni di Cinquestelle e sinistra sono pacifiche e note da tempo, ben più scoppiettante si è rivelato il fronte del Pd. Ieri è sceso in campo un carico da novanta, Romano Prodi, ex presidente del consiglio e della Commissione Ue, ma anche a lungo al timone dell’Iri: «Se dovessi votare voterei certamente per mantenere gli investimenti fatti, su questo non ho alcun dubbio anche perché è un suicidio nazionale quello che stiamo facendo. Quindi se voto al referendum voto no», ha spiegato.

A ribadire le posizioni della segreteria Pd – i cui componenti secondo alcune ricostruzioni giornalistiche non sarebbero neppure stati informati tutti rispetto alla scelta dell’astensione – è Ettore Rosato, capogruppo alla Camera: «È un referendum inutile, costoso, che non si poteva abbinare alle amministrative – dice – Vorrebbe chiudere alcune piattaforme che estraggono il gas. Migliaia di lavoratori ci operano e ci sono grandi investimenti».

Ragioni che non convincono la minoranza del partito, che ieri è tornata all’attacco. «Penso – dice Gianni Cuperlo – che sia un diritto e un dovere andare a votare e sarebbe stato più logico e saggio entrare nel merito del quesito. Spero che nella Direzione di lunedì ci sia il senso di questo e che si possa ragionare».

Roberto Speranza invita a «cambiare posizione sulla vicenda delle trivelle. È inaccettabile immaginare un grande partito, il più grande del Paese, che invita i cittadini all’astensione». Orfini, osservando che il referendum è «sbagliato», gli ricorda malignamente che si fa contro una legge «votata dal Pd quando era capogruppo Roberto Speranza».

Ma sono tante le voci critiche tra i politici e i comitati locali, a partire dai presidenti di Regione che hanno promosso la consultazione: uno per tutti, Michele Emiliano (Puglia), che ha ribadito il suo Sì. Contro l’astensione anche parlamentari come Francesco Boccia, Vannino Chiti, Dario Ginefra, Federico Fornaro.