Il Pd pugliese si è risvegliato diverso dopo il voto dei circoli che ha registrato una netta preferenza nei confronti di Renzi (42% per il sindaco di Firenze e 33,6 per Cuperlo). Un dato netto che supera la soglia di tollerabilità di chi, dal Pds a Pd, non si è mai fatto mettere da parte in casa propria: Massimo D’Alema.

E’ domenica, però, che si giocherà la partita più importante. Lo sa bene l’ex presidente del consiglio, tra i primi sostenitori di Gianni Cuperlo. La decisione di candidarsi a Foggia ne è la conseguenza. Una scelta ragionata la sua: scendere in campo lontano da Lecce e Bari, che considera roccaforti consolidate (e il voto dei circoli lo ha in tal senso rincuorato), per tentare di fare la differenza dove Matteo Renzi appare più forte. Con la sua presenza, forse, proverà anche a distogliere l’attenzione dai guai giudiziari del sindaco di Carlantino, Comune della Capitanata, Dino D’Alemio, arrestato martedì con l’accusa di concussione (per l’accusa avrebbe preteso il pagamento di tre tangenti).

Di sicuro ha evitato quel faccia a faccia a Bari con Michele Emiliano, in campo per Renzi, che in molti temevano potesse trasformarsi nella piazza dove lavare pubblicamente i panni del Pd. Che i due non si amino, d’altronde, non è una novità. I consiglieri regionali e i parlamentari pugliesi del partito, sapendolo, avevano messo le mani avanti già una settimana fa. Rivolgendosi a entrambi, avevano avanzato il loro consiglio con una lettera accorata: «Emiliano e D’Alema non candidatevi entrambi a Bari». Tra i firmatari della lettera Franco Cassano, Dario Ginefra, Antonio Decaro, Gero Grassi, Alberto Losacco, Gianni Giannini, Guglielmo Minervini, Enzo Lavarra e Mario Loizzo. Nonostante la richiesta sia stata accolta (solo Emiliano è capolista a Bari) la polemica a distanza non pare cessare. «Ha perso il senso di questa competizione perché si sta muovendo in modo discutibile anche rispetto ai suoi doveri istituzionali», ha attaccato ancora D’Alema. Tempestiva e seccata la risposta del primo cittadino di Bari: «Io mi sono sempre battuto per la correttezza. D’Alema mette le mani avanti perché intravede la sconfitta».

Dove le primarie non sembra possano provocare troppe vittime amiche è Taranto. Molti dei “big” del partito sostengono Renzi e la lista di candidati è guidata da Michele Pelillo, l’unico parlamentare ionico del Pd. Sullo sfondo, come nel foggiano, i guai giudiziari. La rete di rapporti intessuta dall’ex responsabile dei rapporti istituzionali dell’Ilva, Girolamo Archinà, una volta venuta a galla in seguito all’inchiesta della magistratura tarantina, ha rivoltato come un calzino gli equilibri interni al Pd locale. Tra indagati illustri (tra i quali l’ex presidente del partito Gianni Florido) e lo scetticismo del mondo ambientalista verso i provvedimenti del governo targato anche Pd, per permettere all’Ilva di produrre nonostante il sequestro, gli occhi saranno puntati sull’affluenza.

C’è interesse intorno ai numeri di Taranto per verificare in quanti continuano a considerare il Pd uno strumento credibile per risolvere i problemi del territorio. Nella Puglia spesso laboratorio politico per il centrosinistra, si respira l’aria degli esami importanti: di maturità per gli attori in campo, e di verifica del consenso.