«Speriamo di risolvere i problemi burocratici per la raccolta di firme per +Europa» è tutto quello che dichiara pubblicamente Matteo Renzi, che naturalmente non ignora quanto il Pd abbia contribuito a creare il problema, prima rifiutando ogni modifica alla legge elettorale, poi lasciando cadere l’emendamento alla legge di bilancio che avrebbe risolto il pasticcio. Il segretario del Pd è preoccupato. Se le baruffe con la lista centrista di Beatrice Lorenzin non lasceranno il segno – gli «eredi» della Margherita hanno diffidato la ministra dall’utilizzare il simbolo – e l’apparentamento con quel che resta del partito di Alfano non è in discussione, più serio è il rischio di rottura con i radicali. Che oggi pomeriggio terranno una conferenza stampa per rilanciare le loro richieste.

Piero Fassino, incaricato mesi fa da Renzi di lavorare alla costruzione di una coalizione, continua a rassicurare Bonino, Magi e Della Vedova. Ieri si è preoccupato di rimbrottare quanti nel suo partito erano già partiti all’attacco dei radicali, accusandoli di voler solo alzare il prezzo nella trattativa, e ha assicurato che «non si tratta di dare una mano ai radicali, ma di considerare la raccolta delle firme per la lista +Europa un impegno assunto direttamente da tutta la coalizione. Ed è questa la migliore garanzia +Europa sarà’ presente alle elezioni con il suo simbolo e i suoi candidati». È probabile che il Pd riuscirà effettivamente a garantire la raccolta di 375 firme in 63 collegi in poche ore, una volta definite le candidature nei collegi uninominali e dunque quando sarà possibile compilare i moduli necessari a raccogliere le sottoscrizioni. Ma i radicali preferiscono non tagliarsi i ponti dietro le spalle e cominceranno comunque una raccolta di firme autonoma. Per non essere costretti ad accettare, in extremis, qualsiasi offerta del Pd.