Da piazza Santi Apostoli parte l’applauso liberatorio quando Maurizio Martina dice dal palco: «Dobbiamo essere popolari alternativi ai populisti». O forse è un applauso consolatorio: nel senso che i militanti democratici – in senso largo, ci sono molti non iscritti al Pd – sono arrivati qui in centro per farsi forza l’un l’altro. Il giorno in cui nasce il governo grillo-leghista non volevano mangiare pop-corn, come da infelice suggerimento dell’ex segretario Renzi. Ma l’applauso più forte arriva quando Martina sfodera i classici: «Questa piazza è l’inizio di una nuova storia. Serviamo tutti e dobbiamo andare oltre le incomprensioni, gli errori, i litigi che hanno aiutato gli altri e non hanno aiutato noi. Costruiamo una pagina nuova, forti delle nostre radici, orgogliosi del lavoro fatto» e in un crescendo «siamo figli della Resistenza e che cosa ci insegna quella storia, se non la necessità di unirsi tra diversi». La piazza si spella le mani, risponde «unità, unità».

IL CONGRESSO PD sarà convocato per novembre. Fin lì sarà il reggente Martina a dirigere il partito, almeno formalmente. Ma la piazza di ieri vale quasi come una svolta congressuale: il Pd torna alle alleanze, almeno più convintamente dell’era renzian. Viene subito archiviata, prima che faccia danni, la formula del «fronte repubblicano»: suona come un’ammucchiata pro establishment. «In questo governo c’è molto più establishment che nel precedente», spiega però l’ex ministro Orlando da sotto il palco. «Ci prepariamo a un’opposizione con una attenzione molto alta su alcuni temi: sulle questioni sociali, sui diritti, sulla giustizia. Oggi da questa piazza piazza bisogna dare un segnale».

Martina dal palco infatti tira l’applauso per il presidente Mattarella («Un esempio per tutti. In tanti nel nuovo governo si devono scusare con lui») per la cui difesa la manifestazione era nata. Ma non parla mai di «fronte». Fa l’elenco dei «compagni e amici» in piazza (Tabacci, Lorenzin, Nencini), poi chiama l’applauso per Laura Boldrini, data ormai in allontanamento da Liberi e uguali, e per Nico Stumpo, Mdp, unico fra gli ex scissionisti. Fra la folla si scorgono i due ex dc Casini e D’Onofrio. Il fondatore dell’Ulivo e poi del Pd Walter Veltroni è meta di pellegrinaggio di militanti: «Segretario, che dobbiamo fare?», risposta «State uniti». Ci sono quasi tutti gli ex ministri – Gentiloni è a palazzo Chigi per la cerimonia della campanella. Carlo Calenda, con l’entusiasmo del neofita delle piazze, resta fino a tardi a parlare con i militanti.

Certo c’è qualcosa di antico nell’aria. Il colpo d’occhio è quello dell’Ulivo: facce più anziane e segnate da nuove sconfitte. Musicalmente va ancora peggio: al posto della Canzone popolare si ascolta l’inno nazionale, sul palco c’è un tricolore fluorescente, sotto il palco un tripudio di bandiere nazionali. Domani è il 2 giugno, la Repubblica è sotto attacco, «Viva l’Italia». E dire che sono i nemici dei sovranisti. Giusto qualche bandiera blu stellata dell’Unione europea.

È anche molto datata la gabbia entro cui si rinchiudono i politici fra loro e i loro attaché, dietro il palco, costringendo i militanti e incolpevoli cronisti a parlare attraverso le recinzioni. Loro sono anche gli unici in piazza ad avere i servizi igienici: se il popolo ha un bisogno si arrangi. Come sempre.

LA SCENA DEL RECINTO non è bella, Graziano Delrio e Lorenzo Guerini lo capiscono e fanno avanti e indietro fra le barriere. E non sarà un caso i renziani doc restano a fondo piazza, fra la gente. Roberto Giachetti, David Ermini, Andrea Marcucci. Anche il presidente Matteo Orfini – che fino a un’ora prima ha chiamato i circoli per assicurarsi la presenza – resta fra i suoi.
Renzi non c’è, è appena partito per la Cina. Tornerà per parlare il giorno della fiducia al governo. Come un segretario. L’iniziativa fortissimamente voluta da Martina non convinceva né lui né i suoi neanche quando i 5 stelle minacciavano l’impeachment contro il capo dello stato: «Non è un partito che deve intestarsi la difesa delle istituzioni, dovevamo farla convocare a uno come Roberto Saviano», c’è chi spiega. Ma ritirato l’impeachment si è trasformata nella prima testimonianza in vita dall’opposizione. Il Pd riempie la piazza di Roma e quella di Milano, in una staffetta ideale che si è svolta nei giorni scorsi in molte altre città. I militanti confusi e infelici hanno apprezzato.