Una legge maggioritaria ben oltre il 50% dei collegi uninominali. Con la quota proporzionale annichilita dal fatto che è possibile un solo voto, automaticamente esteso dal candidato nel collegio alla lista che lo sostiene. Lista unica, perché le coalizioni sono escluse o meglio dovranno travestirsi da listoni. Non è bastato il referendum, non è bastata la Corte costituzionale. Con il testo Fiano, depositato ieri sera, il Pd riprende la strada dell’Italicum e del prendere o lasciare.

QUANDO nel pomeriggio cala l’ultimatum di Matteo Renzi, non c’è ancora il testo della legge proposta dal Pd. Il segretario vuole che la prima commissione della camera la approvi immediatamente, entro una settimana, perché possa essere messa all’ordine del giorno dell’aula per la fine di maggio. «Questo permetterà – spiega Renzi via facebook – di avere tempi contingentati e di approvare la nuova legge nei primi giorni di giugno». Aggiunge un appello: «Chiediamo a tutti i partiti di non perdere altro tempo. Sono passati sei mesi dal referendum, non prendete in giro gli italiani». Renzi ha ragione sul regolamento, ma ha torto su tutto il resto. È responsabilità del Pd se la data del 29 maggio non potrà essere rispettata.

MARTEDÌ SERA i democratici in commissione hanno affossato il testo base del relatore e hanno cambiato linea per la terza volta in due mesi, costringendo tutti a ripartire da zero. Il capogruppo del partito in commissione, Emanuele Fiano, ha annunciato un nuovo testo, ma l’ha depositato solo ieri sera alle otto, due ore dopo l’ultimatum di Renzi. È il finto Mattarellum, che prevede il 50% di seggi uninominali e il 50% proporzionali, ma con il divieto di voto disgiunto (come abbiamo spiegato ieri). Il Pd lo presenta come «testo base», eppure è solo il 32esimo progetto di legge che arriva in commissione (ci sono anche otto petizioni). Non armonizza affatto le proposte dei vari gruppi anzi ignora anche le precedenti undici del Pd. Storia già vista, andò esattamente così per l’Italicum. Arrivo anche quello alle otto di sera, buon ultimo in commissione (23esimo), incompleto. Fu assunto subito come testo base, anche allora sospinto da Fiano, per il quale l’Italicum avrebbe assicurato «un futuro di democrazia più efficiente, più stabile e più rappresentativa». La fine è nota.

PIÙ CHE LA FINE, le parole di Renzi illuminano l’immediato futuro. Preparano nuovi strappi, prima in commissione poi in aula. Approvare il testo entro il 29 è impossibile, dal momento che quando i commissari lo conosceranno – oggi è previsto l’ufficio di presidenza dedicato ai tempi della discussione – dovranno avere almeno una settimana per gli emendamenti – stiamo parlando di un testo fin’ora sconosciuto. Impossibile discuterli e votarli tutti, se non con forzature e sedute notturne già viste ai tempi dell’Italicum. Questa volta però la presidente della camera Boldrini ha fatto arrivare il messaggio (ne ha parlato con gli esponenti del comitato del No che ha ricevuto qualche giorno fa) che sarà garantito l’esame pieno delle legge. Non si può correre il rischio di un’altra legge elettorale incostituzionale. Sarebbe la terza, dopo il Porcellum e soprattutto dopo l’Italicum, tutte e tre sotto il segno di Denis Verdini. Perché Renzi anche in questo sta ricalcando lo schema Italicum. Il finto Mattarellum è scritto sulla traccia di una proposta originaria di un deputato (Parisi) verdiniano.

ED È PERSINO PEGGIO, perché se il voto disgiunto era vietato anche nel testo Parisi, nel testo Fiano è previsto un solo voto. Cade completamente l’ingannevole paragone con il sistema tedesco – dove sono previsti due voti, anche disgiunti – e con il Mattarellum – dove erano previste per l’uninominale e il proporzionale addirittura due schede. In questo caso il voto è unico e si estende non solo dalla lista (proporzionale con due/quattro nomi) al candidato (uninominale) ma anche dal candidato alla lista. Trasparente l’intenzione di Renzi di costruire la campagna elettorale sull’appello al voto utile. Non contano le figurine dei candidati all’uninominalie: chi vuole votare contro Grillo o Berlusconi sarà indotto a votare Pd, viso che le altre liste più piccole hanno poche chance di conquistare il seggio nella sfida maggioritaria. Valido però anche il ragionamento opposto: per votare contro Renzi sarà più forte il voto a Grillo. In questo modo la penalizzazione per le liste minori è massima e va ben oltre la soglia di sbarramento del 5% (che consente un teorico diritto di tribuna di 14 seggi), e che potrà essere oggetto di negoziazione tra il Pd e i centristi di Alfano.

AL MOMENTO Alternativa popolare è schierata per il No. Così come Forza Italia. In teoria al senato la legge non ha i numeri. Ma più che il merito della proposta, importa il momento in cui arriverà a palazzo Madama. Saranno giorni, gli ultimi della legislatura, in cui sarà aperto il mercato delle nuove liste. Se Alfano ci ripensa, al senato Renzi ha tutti i voti che gli servono. Se non ci ripensa, può farcela lo stesso con l’appoggio di mezzo gruppo misto che già è nella scia del Pd e di un po’ di senatori del Gal, per tacere delle frange forziste.
La strada del testo Fiano non è troppo in salita. Oltretutto il Pd ha di fronte un’alternativa che non disprezza: andare a votare con le due leggi in vigore. Nei prossimi giorni si guarderà anche ai difetti minori della proposta arrivata ieri sera, dove per esempio è sparita l’alternanza delle candidature per genere ed è stata cancellata la firma digitale.