Il voto sulla legge elettorale, nella commissione Affari costituzionali della Camera, sarà congelato sino a mercoledì prossimo, dopo la riunione della Direzione Pd. Lo ha chiesto il relatore Emanuele Fiano, e non ci sono dubbi su chi abbia ispirato la richiesta. L’emendamento di Fi che introduce la legge proporzionale arriverà oggi, ma prima di passare al voto Renzi vuole vedere come andranno gli incontri con gli altri partiti fissati per lunedì «a livello parlamentare», dunque senza la presenza del segretario del Pd, e soprattutto vuole verificare la situazione nel suo partito. Un paio di colloqui diretti al telefono Renzi però li ha già avuti negli ultimi giorni: con Silvio Berlusconi e per parlare non solo di legge elettorale ma anche di governo.

Tra Arcore e il Nazareno l’accordo fila. Vanno messi a punto alcuni dettagli, soprattutto per quanto riguarda la quota maggioritaria che, come nel sistema tedesco, dovrebbe servire a indicare buona parte dei parlamentari e garantire così l’elezione dei gruppi dirigenti, ma sul punto chiave, la data delle elezioni, non ci sono ombre. Mercoledì sera alla festa di compleanno di Renata Polverini il signore d’Arcore, reduce dalla telefonata con Renzi, si è presentato con un braccialetto per la festeggiata e un avvertimento per tutti: «Tenetevi pronti. Probabilmente si vota il 24 settembre». Non è la data che sceglierebbe lui. Berlusconi, che su quel terreno è un mago, ha sempre puntato sulle campagne elettorali per ribaltare pronostici e moltiplicare i consensi del partito azzurro. L’idea di una campagna elettorale estiva non gli piace. Ma Renzi martella per quella data o al più tardi una settimana dopo, il primo ottobre. Se è il prezzo per il proporzionale l’ex Cavaliere è pronto a pagarlo: «Se la legge è condivisa e garantisce corrispondenza tra voto popolare e rappresentanza parlamentare io non mi oppongo», ha risposto, nel corso della festa, a chi chiedeva lumi. Le occasioni di crisi non mancheranno. Forse la legge sui voucher, oppure quella sullo ius soli.

Tra gli obiettivi del rinvio c’è il tentativo di allargare l’intesa a M5S. Qualche spiraglio c’è. All’invito del capogruppo Pd Rosato risponde Toninelli: «Se quello che propone il Pd è un incontro in commissione non c’è motivo di non parteciparvi. Porteremo le nostre istanze che smontano l’orribile Rosatellum e propongono una legge elettorale migliore». È significativo che, mentre la bocciatura della legge maggioritaria è senza appello, sul proporzionale Toninelli non si pronuncia.

I 5S vorrebbero correggere il congegno elettorale tedesco trasportandovi di peso dal defunto Italicum il premio di maggioranza che scatterebbe al 40%. La risposta è e resterà negativa. La legge tedesca verrebbe snaturata, fanno notare in casa Pd. In effetti sommare soglia di sbarramento e premio significa rendere ipermaggioritaria la legge, ma anche l’Italicum presentava lo stesso difettuccio e al Pd andava benissimo. La vera nota dolente è che il premio permetterebbe a M5S di puntare sul voto utile, presentando la prova elettorale come una scelta secca tra una maggioranza Pd-Fi e una a cinque stelle, sola alternativa per bloccare la resurrezione del patto del Nazareno.

L’eventuale aggiunta di Grillo al patto Renzi-Berlusconi è dunque improbabile ma non impossibile. Smusserebbe quello che è oggi il principale scoglio per Renzi: l’opposizione all’interno del suo partito, della sua maggioranza e del suo bacino elettorale che, a volte in buona fede e altre volte strumentalmente, si appunta proprio su un accordo con Arcore che nessuno crede davvero limitato alla legge elettorale. Il vicesegretario Martina prova a smentire: «Con qualsiasi legge il nostro obiettivo è il centrosinistra». Inutile: l’asse con Berlusconi sarà l’argomento intorno al quale, di qui a mercoledì, si coaguleranno le resistenze. Sono di tipo diverso: i paladini del maggioritario, chiamati a raccolta da Prodi, i nemici dell’alleanza con Fi, come il governatore del Piemonte Chiamparino, quelli che, come il ministro Calenda ma anche come il capo dello Stato, ritengono un azzardo votare prima della legge di bilancio, tanto da considerare l’ipotesi di anticipare la manovra in estate. E poi i centristi, che si sentono tagliati fuori e reclamano con Alfano una legge di maggioranza, da allargare poi eventualmente ad altri. Per la gran parte di questo composito fronte la bandiera sarà il Rosatellum. Se Renzi resisterà lo si vedrà martedì. Il momento della verità sarà quello.