La polemica interna alla sinistra Pd approda sulle pagine della nuova Unità. Protagonisti due ex amici che per l’occasione ferragostana se ne dicono di ogni, offrendo alle compiaciute colonne renzianissime la perfetta fotografia delle divisioni della minoranza. Il vignettista Staino chiede a Gianni Cuperlo & Co di farla finita con gli attacchi a Renzi, che è sì «il frutto amaro del nostro partito» ma, scrive, «è quanto di più progressista si possa avere in questo momento». Il toscanaccio Staino arriva a contestare allo sconfitto delle primarie anche di non aver accettato la direzione del giornale del partito, un trappolone preparato da Renzi e saggiamente rispedito al mittente.

Ieri l’elegante triestino Cuperlo ha replicato con tono dolente: «Non mi rassegno a una forza fondata sulla somma di mille comitati elettorali, a potentati che sviliscono la passione, a una selezione di classi dirigenti agganciata alla vogue» e, attenzione, «quando si tira in direzioni opposte la comitiva può spezzarsi».
Per iscritto il confronto è amaro ma civile. Aveva avuto toni ben più ruvidi quando si era svolto vis à vis, e aveva finito per provocare una mezza rissa nel pubblico della festa di Roma. Lo ha ‘rivelato’ ieri Radio Radicale rimandando in onda il dibattito dello scorso 26 luglio dove Cuperlo aveva invitato, forse un po’ ingenuamente, il vignettista ad un confronto sotto le spoglie del suo storico personaggio. Titolo: «Bobo, che fai nel Pd?». In quell’occasione Bobo alias Staino non era passato per l’editing. E i militanti si erano rapidamente trasformati in opposte curve che lo stesso Cuperlo aveva faticato a tenere a bada.

Per l’autunno la sinistra Pd, o meglio quel che ne resta dopo cambi di casacca, ripensamenti e folgorazioni tardive, prepara la riunificazione dell’area Cuperlo (Sinistradem) con quella lealista all’ex segretario Bersani e a Roberto Speranza. Si contano un’ottantina di parlamentari, tra cui i trenta dissenzienti del senato che per ora promettono se non proprio il Vietnam almeno un po’ di resistenza sulle riforme. Dopo qualche cortese scambio di visite (a settembre Speranza sarà ospite di un’iniziativa dei cuperliani a Milano), a ottobre si svolgerà l’assemblea della nuova mezcla della vecchia sinistra Pd. Sempreché al senato non si producano fratture più radicali, anche se la scissione continua ad essere esclusa (lo ha fatto di nuovo il senatore Miguel Gotor negli scorsi giorni). Movimenti unitari sulla sponda interna opposta, per dividersi meglio. Anche la ‘sinistra renzista’ è in corso di aggregazione. I bersaniani ‘pentiti’ (area Sinistra è cambiamento di Maurizio Martina) dopo il sì al ddl scuola hanno fatto grandi slanci in direzione dei Giovani turchi di Orfini e Orlando (area Rifare l’Italia), entrati nella maggioranza dem dall’inizio del governo Renzi, almeno con migliore prontezza di riflessi. E che ora cominciano a marcare qualche differenza (ieri sul manifesto Orfini ha chiesto «un cuore sociale all’azione di governo»). La nuova corrente sulla carta conterà un’ottantina dei parlamentari, ma nell’abbraccio con Renzi gli ex bersaniani potrebbero perdere qualche voto.
Le nozze non verranno celebrate con cerimonia pubblica ma con il lavoro comune sulla legge di stabilità. «Non siamo gente da iniziative a tavolino», spiega Daniele Marantelli, uomo di polso e coordinatore dei turchi alla camera, «quello che serve è mescolare esperienze preziose per il Pd, liberarci dalle stucchevole esperienze del dibattito interno, ad alto tasso di autoreferenzialità e lontano anni luce dalla società reale».