Sulle riforme «non bisogna piantare muri: delle due ipotesi, una è più naturale e semplice, l’altra è più innovativa e complessa, ma entrambe sono democratiche, se risolte in un contesto di pesi e di equilibri»: si farà un seminario, come chiede il candidato Gianni Cuperlo, e si coinvolgeranno gli iscritti, come chiede l’ex ppi Beppe Fioroni. Sul governo, era meglio votare nel 2012 ma l’anno dopo «al punto in cui eravamo, non potevamo che dar vita alle larghe intese» e ora «il sostegno a Enrico Letta e è pieno e leale». La cura Epifani per il Pd è un composto della farmacia bersaniana fatto di cautela e, come dice il leader presentando la nuova segreteria – 15 giovani, poche conferme e un renziano doc, ma altri quattro almeno vicini al sindaco di Firenze – «inclusione». Che è un altro modo per dire che non si esclude nessuna corrente, naturalmente esecrandone l’esistenza e combattendola furiosamente a parole. Infatti ieri sera, dopo la direzione del Pd, si sono segnalati almeno un paio di cene di «area» per fare il punto sulla nuova situazione. L’obiettivo della cura Epifani è «fare uscire il Pd dalle sue difficoltà, farne una forza politica aperta, anche se in una logica di partito, anche se a rete, anche se leggero. E rafforzare il sentimento di una comune appartenenza a una comunità di destino fatta di donne e uomini».

La «comunità», però, nel frattempo ieri alla direzione si è divisa sui fondamentali, e cioè sul sì o il no alla nuova tendenza semipresidenzialista che ha conquistato gran parte dei dirigenti Pd, tranne Bindi, Fioroni, i giovani turchi ex dalemiani ieri rappresentati dall’europarlamentare Roberto Gualtieri; e la sinistra Pd di derivazione operaista e ingraiana cui ieri ha dato voce Walter Tocci. Epifani ha rimandato in avanti la discussione sulla forma di governo, la prioritàoggi è una legge elettorale «capace di ridare ai cittadini la possibilità di scegliere i propri parlamentari, garantendo la governabilità»; il superamento del bicameralismo e la riforma del Titolo V della Carta.

La discussione deve lasciare «fuori dalla mischia governo e presidente della Repubblica». Ma per mettere in sicurezza il governo, Epifani formalizza la proposta di separare definitivamente la leadership dalla premiership. Un chiaro segnale a Matteo Renzi, che per non sembrare scortese ieri è volato dal Business Luxury summit del Financial Times di Vienna giù fino al Nazareno, senza prendere la parola.

La scelta avrebbe l’effetto di non trasformare il congresso Pd in un terremoto per il governo. Sempre per questa ragione, una commissione si occuperà di «prepararlo bene e dal basso». In pratica il segretario propone di mantenere la tempistica statutaria – frenando la fretta invocata, quella sì, dai territori – quindi si concluderà entro dicembre; ma di rovesciare l’ordine delle assise: ovvero anticipare l’elezione dei segretari regionali, che non saranno più contemporanei a quella del segretario nazionale. Il meccanismo favorirà l’elezione di nomi «di sintesi» sin dai territori. E sfiammerà le contrapposizioni fra i candidati leader. Dei quali, dunque, si parlerà più avanti. Per ora in teoria sono in ballo Cuperlo, Civati, Bettini, Pittella, e un sempre meno convinto Chiamparino. Ma si aspetta la «mossa» di Matteo Renzi. Che però prima dell’estate, spiegano i suoi, non ha intenzione di sciogliere la riserva.